Page 178 - Giuseppe Garibaldi. L'Uomo. Il Condottiero. Il Generale - Atti 10 ottobre 2007
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            soprattutto di impedire il giro in quasi sessanta città di provincia. Il gruppo di aristo-
            cratici che lo aveva accolto lo consigliò di limitarsi a visitare sei o sette città, ma Ga-
            ribaldi non accettò. «Intanto il partito demagogico inglese ed estero che per fini suoi
            particolari voleva aver Garibaldi in mano fece in questi giorni il fattibile per farlo
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            restare» . Garibaldi era indeciso, mentre «i protettori vedendosi al momento di per-
            der tutto il frutto delle loro fatiche s’impegnavano sempre più energicamente a farlo
            partire». Motivazione ufficiale della partenza di Garibaldi furono le sue condizioni
            di salute. Che esse fossero effettivamente precarie fu comprovato dal Dott. William
            Fergusson, che, nonostante fosse medico personale della Regina, era politicamente
            un radicale, quasi mazziniano. Ma altrettanto certo è che vi furono le pressioni libe-
            rali, nonostante allora si facesse di tutto per smentirle. Garibaldi, pur ammettendo in
            privato con alcuni che partiva perché «non era gradito», non smentì la versione uffi-
            ciale dei motivi di salute, con costernazione dei mazziniani. Egli non intendeva certo
            limitare il suo ruolo a quello di ospite nei salotti, ma non accettava nemmeno di porsi
            al servizio degli scopi di Mazzini, e comunque non voleva perdere l’appoggio e le
            simpatie dei liberali inglesi facendo il viaggio nelle provincie contro la loro volontà
            o smentendo la loro versione sulla sua partenza. Nelle sue memorie Garibaldi nulla
            scrisse del soggiorno londinese, che, evidentemente, nonostante i trionfi, gli aveva
            lasciato un ricordo alquanto amaro.

            Mentana
               All’epoca dell’impresa di Mentana vi era a Londra un governo conservatore, pre-
            sieduto da Lord Derby, del quale si è ricordato l’incontro con Garibaldi nel 1864, e
            che si reggeva per le divisioni dei liberali. I conservatori, nella loro maggioranza, non
            avevano simpatizzato attivamente per il Risorgimento italiano, preoccupati che fos-
            sero turbati l’equilibrio e la pace in Europa e scettici sul fatto che l’Italia fosse matura
            per un governo costituzionale. Tuttavia i tories erano pur sempre ideologicamente dei
            liberali e non nutrivano, a parte qualche eccezione, simpatia per il papato.
               Il 27 ottobre il ministro inglese a Firenze Sir Augustus Paget espresse al presiden-
            te del consiglio Urbano Rattazzi il suo «sincero rammarico» che si fosse consentito a
            Garibaldi di avvicinarsi alla frontiera romana . Lo stesso giorno comunque il mini-
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            stro degli esteri Lord Stanley, figlio del primo ministro e di tendenze molto liberali ,
            confermò al ministro italiano a Londra d’Azeglio che l’Inghilterra avrebbe guardato
            «con il più profondo rammarico e disapprovazione» una dichiarazione di guerra della


            34   D’Azeglio a Visconti Venosta [ministro degli esteri], 23-4-64, in Archivio Visconti Venosta,
               Santena, maz. 8, fasc. 5-9/C.
            35   Cfr. Paget a stanley, 27-10-67, FO 45/108, n. 113.
            36   Tanto che nel 1880 passò appunto al partito liberale.
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