Page 156 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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156 150° anniversario della ii Guerra d’indipendenza. atti del conveGno
settentrionale. I caduti e i danni materiali del 1859 sono inconfrontabili con
quelli del 1796-1800. Le cronache del passaggio dell’Armata francese dalla
Liguria al Veneto e poi di quella austro-russa sino alle Alpi occidentali (due
“guerre totali” in appena quattro anni: le ultime, a ben vedere, da allora a
oggi) descrivono realtà del tutto diverse rispetto a quelle della breve campa-
gna del 1859 (risolta in quattro battaglie in due mesi).
Nel primo caso ci si trova dinnanzi a eserciti che avanzano come rullo
compressore e alle spalle lasciano il vuoto; in molti casi gli austro-russi furo-
no fiancheggiati dalle devastanti “masse cristiane” la cui riabilitazione recen-
temente è stata tentata con la loro elevazione a “guerra di liberazione” per
giustificare la ferocia della loro condotta. Nel secondo caso, invece, si perce-
pisce che né gli Austriaci né i loro avversari, i franco-piemontesi (e soprattut-
to questi) avevano interesse a danneggiare il territorio e a vessarne la popo-
lazione, proprio perché non stavano compiendo una spedizione punitiva
come gli austro-russi e le masse cristiane di fine Settecento, ma una vera
guerra di indipendenza, in vista di uno Stato nuovo.
Di più. Nel Settecento l’Italia era stata teatro di tre sanguinose e rovino-
sissime guerre che avevano mutato l’assegnazione della sovranità dei suoi
domini senza però modificare la demarcazione dei confini, eccezion fatta per
lo Stato Pontificio e per il ducato di Savoia che divenne regno di Sicilia, poi
di Sardegna, e ottenne ingrandimenti verso la Lombardia e l’Emilia. Proprio
il Piemonte aveva però subito rovine strazianti durante la guerra di successio-
ne spagnola, condotta dalle armate di Luigi XIV secondo il criterio della
“terra bruciata”.
Quei precedenti non hanno nulla a che vedere con quanto avvenne nel
1859, sia perché Vienna non aveva alcun motivo di danneggiare regioni che
contava di recuperare al tavolo della pace o con una nuova più fortunata cam-
pagna militare di lì a non molto, sia perché il Piemonte non solo non aveva
alcun interesse a devastare regioni agognate ma doveva dimostrare agli osser-
vatori esterni che la popolazione delle plaghe via via acquisite erano felici del
cambio o quanto meno non contrarie. Danneggiarle e provocarne la compren-
sibile reazione sarebbe stato ancora più controproducente di quanto avvenne
nel marzo 1849 da parte degli sbandati a Novara e nella repressione di
Genova a opera di La Marmora.
In tale prospettiva Garibaldi ebbe una parte fondamentale, perché, qualun-
que fosse l’esito del compito militare assegnatogli (importante ma non stra-
tegico nel quadro generale della guerra), con la sua sola partecipazione al
conflitto mostrava che questo non era affatto conquista sabauda né frutto di