Page 161 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
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il Gen. Giuseppe Garibaldi dal reGno di sardeGna verso l’unità d’italia 161
Gli studi hanno acquisito da tempo che in massima parte i quattromila
volontari inquadrati come Cacciatori delle Alpi arrivarono dalla Lombardia
(quasi 2000), dall’ Emilia-Romagna (1.000) e dalla Toscana (600). Il Lazio
dette un contributo modesto: 14 uomini. I Piemontesi furono 109; 104 i ligu-
ri. Quasi irrilevante risultò il concorso del Mezzogiorno. La partecipazione
nazionale rimase dunque sulla carta...della pubblicistica, dei canti, della pro-
paganda. Tuttavia agli occhi dell’Europa l’immagine del volontariato fu
salva. Altrettanto era accaduto per le tante guerre legittimiste nella Penisola
Iberica e si verificherà poi nel Mezzogiorno, ove il brigantaggio risultò una
frastagliata lunga guerra di immagini.
La maggior parte dei volontari rimase di stucco quando scoprì che la
ferma militare in Piemonte durava otto anni. Molti garibaldini pensavano che
la guerra si sarebbe risolta in poche settimane: gli Austriaci sarebbero scap-
pati, il Piemonte avrebbe vinto, i Francesi sarebbero rientrati in patria senza
chiedere nulla ed essi sarebbero tornati alle loro attività...
Garibaldi giurò da generale il 20 marzo. Venne ritratto in divisa ma non
era opportuno rimanesse a Torino. Ebbe stanza a Rivoli, due passi dalla capi-
tale e da Trofarello, snodo ferroviario vitale del Piemonte verso Alessandria-
Genova da un canto, il Cuneese (e il Nizzardo) dall’altra. Visitò i Cacciatori
a Cuneo e Savigliano a inizio aprile. Salutò la folla accorsa in piazzette capa-
ci di poche decine di persone: il successo di folla era meglio assicurato.
Capìta al volo la reale preparazione dei Cacciatori sollecitò e ottenne da
Cavour il rinforzo di duecento carabinieri genovesi perfettamente armati e
di polso: punta di diamante contro il nemico quando fosse giunta l’ora e,
anzitutto, garanzia di ordine all’interno del Corpo dei volontari.
Poiché in battaglia si rischia la vita, il generale affidò l’ambulanza ad
Agostino Bertani: sapeva bene che all’epoca si moriva di ferite infette più che
in combattimento, come poi sul campo di Solferino constatò Henri Dunant,
ideatore della Croce Rossa internazionale.
Il 23 aprile 1859 l’Austria chiese al Piemonte di sciogliere gli odiosi (più
che temuti) volontari e smobilitare entro tre giorni. Cavour lasciò scadere
l’ultimatum. Dal 25 i Cacciatori delle Alpi partirono verso le zone assegnate
in vista dell’attacco. Il 26 scattò lo stato di guerra. Per non perdere la faccia
dinnanzi all’Europa, l’Impero asburgico iniziò malvolentieri un’offensiva
tante volte minacciata ma non compiutamente preparata nella convinzione
che Vittorio Emanuele II e Cavour si sarebbero arresi senza combattere.
Invece il regno di Sardegna resse alla prova. Del resto sapeva di non essere
solo. Napoleone III, infatti, lo gradisse davvero o meno, fu costretto ad accor-