Page 165 - 150° Anniversario II Guerra d'Indipendenza - Atti 5-6 novembre 2009
P. 165

analisi della battaGlia di solferino sul piano della tecnoloGia militare  165



                   Analisi della battaglia di Solferino sul piano della
                   tecnologia militare

                   Prof. Raimondo Luraghi
                   Emerito nell’Università di Genova





                        a battaglia di Solferino si svolse in un momento di mutamenti epocali
                   L nella tecnologia militare, tali da incidere profondamente non solo sulla
                   tattica,  ma  addirittura  sul  livello  operativo  delle  guerre  successive  fino  al
                   primo conflitto mondiale incluso.
                      Tali  mutamenti  riguardarono  sia  le  armi  individuali  che  le  artiglierie,
                   nonché la logistica e l’organica degli eserciti. Per comprenderne la struttura e
                   gli effetti è indispensabile riprendere in esame la situazione degli armamenti
                   dal tempo delle guerre napoleoniche e di quelle del 1848-49 fino alle quali la
                   tecnologia militare era sostanzialmente rimasta immutata. Lasciando per il
                   momento da parte le grosse bocche da fuoco da assedio e da costa, i tre elementi
                   che costituivano la potenza di fuoco degli eserciti rivoluzionari e napoleonici
                   (e di quelli che si scontrarono nel 1848-49) erano: il fucile ad avancarica
                   ad anima liscia; la baionetta “stile Vauban” e il cannone da campagna nei
                   suoi due calibri fondamentali: da 3 pollici e da 5 pollici. Cominciando dalle
                   armi pesanti, le bocche da fuoco che costituivano l’artiglieria da campagna
                   erano di bronzo, ad anima liscia e ad avancarica, le loro munizioni erano
                   costitute, in primo luogo dalla palla “piena”, di ghisa; relativamente efficace
                   contro le fortificazioni campali o i ripari in muratura entro cui poteva essersi
                   provvisoriamente  asserragliato  il  nemico  (casolari),  ma  che  aveva  effetto
                   scarsissimo contro le fanterie, colpendo in pratica solo bersagli individuali.
                   Altra cosa era il cannone caricato con cartocci da mitraglia, i quali, se sparati
                   alle distanze minime, potevano creare (secondo le parole di Federico II di
                   Prussia, abilissimo in tale uso) “un carnage èpouvantable” nelle file delle
                   fanterie nemiche.
                      La  fanteria  avanzava  a  ranghi  serrati,  in  linea  o  (dopo  la  Rivoluzione
                   francese  che  aveva  posto  in  campo  eserciti  cittadini,  privi  del  necessario
                   addestramento) in colonna. Alle distanze minime essa apriva il fuoco con
                   scariche di fucileria. Ciò non poteva avvenire se non al di sotto dei 100 metri,
                   perché, oltre, il fucile ad anima liscia non aveva più alcun effetto apprezzabile,
                   “tanto”  ebbe  a  dire  un  generale  inglese,  “quanto  sparare  alla  luna”.  Ed  il
   160   161   162   163   164   165   166   167   168   169   170