Page 191 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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Alle origini dell’e. i.: gli eserciti degli stAti preunitAri e rivoluzionAri 191
gia di armate, ovvero attuare l’unitarietà, anche sociale, attraverso l’Esercito,
a servizio di un unico comando riconosciuto e condiviso. È evidente che nel
corso delle vicende belliche, l’annessione dei territori meridionali e centro
peninsulari al regno di Sardegna triplicò il bacino di reclutamento, ciò com-
portò un ampliamento delle file di quello che verrà denominato ufficialmente
Regio Esercito ed infine Esercito Italiano.
Dalle ceneri di quegli eserciti italiani preunitari sottomessi ed annessi per
volontà e conseguenza, un ruolo fondamentale fu giocato dall’Armata sarda
che, offuscando la propria denominazione, gettò le basi per il nuovo Esercito
Italiano. L’interesse dinastico, affiancato dalle esigenze politiche, trovò piena
realizzazione quando nel secondo semestre del 1859, spronato da un fervido
e convinto assertore, il Presidente del Consiglio e Generale Alfonso
Lamarmora, vennero sottoposti alla firma del sovrano una serie di decreti per
sancire la costituzione di divisioni, reparti, enti ed istituti militari a servizio
del nuovo Stato unitario. Anche questo era un modo per giustificare e confe-
rire un senso necessario di coesione e di identità nazionale, non solo, avviare
ed infondere il senso di patria nelle popolazioni.
Tuttavia è interessante notare come la prima distribuzione, l’organizzazio-
ne e struttura dell’Esercito, in quanto specchio di una società e di una politica
della guerra, erede di un lungo e travagliato passato risorgimentale, si mani-
festi come sapiente capacità di presentare un esercito dinamico e moderno, in
linea con i tempi e le nuove tecnologie, in grado di fronteggiare ogni situa-
zione di emergenza e di difesa, senza tralasciare l’aspetto formativo.
Indipendentemente dal riordino degli organici delle nuove unità era neces-
sario e prioritario infondere prima di tutto il senso di coesione e di identità
nazionale. Per fare questo si doveva primariamente affrontare gli evidenti
aspetti socio-politici e l’imminente questione meridionale.
Già figure come Rosalino Pilo, Francesco Crispi lavorarono animosamen-
te per realizzare una “redenzione dell’Italia meridionale”. Lo stesso Garibaldi
affiancato dalla superba figura di Nino Bixio, portarono e offrirono insieme
ad altri audaci e generosi patrioti, la liberazione e l’indipendenza alle popo-
lazioni del sud, suggellata con la spedizione dei Mille.
In verità, la scelta utopica e forzata nel liberare l’Italia meridionale fu
smentita fin da subito negli esiti e negli obiettivi. Infatti la spedizione dei
Mille, animata più da indiretti interessi politici che da buoni intenti rivoluzio-
nari, si rivelò ben presto per le popolazione meridionali come un’ulteriore
sopruso, aumentando la delusione ed infondendo il sentimento di insofferen-
za nel servire un nuovo Stato, lontano e diverso per costumi e tradizioni, per
cultura ed impostazione politico-sociale. Ecco allora che le popolazioni, le ex