Page 365 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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               la distribuzione dei comandi dei corpi d’armata e delle divisioni nella campa-
               gna del 1866, si scopre che sei comandanti di corpi d’armata su otto avevano
               fatto parte dell’esercito sardo (gli altri due erano ex-borbonici, quindi sempre
               ufficiali di carriera) e che sedici delle ventidue divisioni erano assegnate ad
               ex-piemontesi, quattro ad ex-garibaldini (tra i quali Cosenz) e una a testa ad
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               un ex-toscano e ad un ex-‘emiliano’ (Carlo Mezzacapo) .
                  Porta soltanto socchiusa, quindi, agli apporti ‘in entrata’ della borghesia
               patriottica,  che aveva preso le armi a favore della rivoluzione nazionale;
               porta, invece, spalancata  ‘in uscita’ alla borghesia poco patriottica  che, in
               linea  con i privilegi  detenuti  nell’antico  regime,  desiderava sottrarsi agli
               obblighi militari. «Nel 1863 ebbero luogo 1654 surrogazioni e 26 scambi di
               numero, mentre furono concesse 1030 liberazioni. In totale una cifra pari […]
               al 6% del contingente di prima categoria», la categoria che era effettivamen-
               te inviata sotto le armi. Alle classi di leva chiamate quell’anno alla visita
               militare appartenevano soltanto 41 aspiranti ufficiali, un dato che, una volta
               rapportato agli oltre 4.500 borghesi, che si erano avvalsi (2.700 e più) o che
               avevano tentato di avvalersi (stante la carenza di volontari, che prendessero
               il loro posto, poco meno di altri 1.800 borghesi, che avevano anch’essi pre-
               sentato la domanda per essere affrancati dal fardello della leva, erano rimasti
               al palo) delle scappatoie  concesse dalla  renitenza  legale,  offre un quadro
               quanto mai desolante delle classi dirigenti del paese e del loro rapporto con
               l’esercito. «Quando si pone mente al fatto che in quegli anni l’elettorato poli-
               tico spettava al 4% e quello amministrativo all’8% della popolazione maschi-
               le, risulta in tutta la sua ampiezza la fuga di gran parte della classe dirigente
               davanti alla prospettiva di quello che [era chiamato] il tributo militare», un
               rifiuto che era opposto in modo particolarmente massiccio dalle élites meri-
               dionali,  mentre  appariva  relativamente  più disponibile alla  vita militare  la
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               borghesia del Centro-Nord .
                  L’istituzione  militare  uscita dal  Risorgimento  è  stata  definita  da  Luigi
               Settembrini  «il  filo  di  ferro  che  ha  cucito  insieme  l’Italia»  e  da  Pasquale
               Villari quella, che aveva riunito «tutti gli Italiani sotto l’onore della stessa
               Bandiera e di tutte le forze morali, unificatrici e civilizzatrici del Paese, [era]






               18   Vincenzo Caciulli,  Gli ufficiali dell’esercito italiano dall’Unità alla Grande Guerra, tesi
                  di dottorato di ricerca in ‘Crisi e trasformazioni sociali’, V ciclo, tutor prof. giorgio ro-
                  chat, pp. 38 e 41.
               19   Piero Del Negro, La leva militare, cit., pp. 180-181.
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