Page 364 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            pescare nella fedele Lumpen-Bourgeoisie dei sottufficiali piuttosto che nella
            borghesia  tout-court dove potevano allignare  anche personaggi pensanti e
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            pericolosi» . A questa vocazione centripeta  rispetto alla professione delle
            armi va anche imputata l’immissione di oltre 2.300 ufficiali ex-borbonici, la
            maggioranza dei quali tuttavia appartenente ai servizi sedentari e ai servizi
            non combattenti, ufficiali che presentavano per lo più un profilo medio poco
            esaltante, ma che erano comunque giudicati, in quanto di carriera, preferibili
            alle teste calde degli ex-garibaldini e, più in generale, ai militari ‘selvaggi’,
            che erano stati alla testa dei corpi franchi del 1859-60.
               Certo, non tutti i corpi di volontari ricevettero lo stesso trattamento pena-
            lizzante, di cui fu vittima l’esercito meridionale di Garibaldi, che perse per
            strada i tre quarti del proprio corpo ufficiali prima di raggiungere la terra
            promessa dell’inclusione nell’esercito italiano. Da una parte i Cacciatori delle
            Alpi, dall’altra i Cacciatori degli Appennini, la colonna Roselli, i Cacciatori
            della Magra, vale a dire i corpi confluiti nell’esercito della Lega dell’Italia
            centrale e di qui nell’esercito italiano, furono accolti, grazie ad una congiun-
            tura politica  assai favorevole,  nell’armata  di  Vittorio  Emanuele  senza che
            incontrassero  particolari  problemi.  Tuttavia  la  loro  fusione  con  le  truppe
            regolari non spostò più di tanto la bilancia dei rapporti, all’interno del corpo
            ufficiali, tra i militari di carriera e gli ex-borghesi, che avevano militato quali
            volontari: si può infatti calcolare che dei quasi sedicimila ufficiali in servizio
            alla fine del 1864 meno di tremila avessero alle spalle un’esperienza irrego-
            lare.
               Può sembrare che, tutto sommato, una volta tenuto conto dell’imponente
            aliquota di posti di ufficiale destinata ai sottufficiali, gli ‘irregolari’ avessero
            conquistato posizioni di un certo rilievo rispetto alla controparte ‘regolare’
            uscita dalle scuole e dalle accademie militari. Ma, se si prendono in conside-
            razione unicamente i generali, si trova che nel 1865 gli ex-sardi erano più
            dell’80% contro il 6,6% degli ex-garibaldini, il 5,9% dei provenienti dalle
            truppe emiliano-romagnole e il 3,3% degli ex-toscani; marginali, infine (in
            entrambi i casi due generali su un totale di 154), gli ex-borbonici e coloro che
            provenivano dai Cacciatori delle Alpi: in altre parole ai vertici dell’esercito,
            una vetta sulla quale gli ex-sottufficiali non avevano alcuna speranza di iner-
            picarsi, gli ‘irregolari’, ivi compresi anche alcuni ex-ufficiali di carriera pro-
            venienti dall’esercito borbonico come Enrico Cosenz e i fratelli Carlo e Luigi
            Mezzacapo, erano meno di un settimo del totale. Se poi si fa entrare nel conto



            17   Lucio Ceva,  Dalla campagna del ’59, cit., p. 329.
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