Page 360 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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            regia», una formula che pretende di denunciare la chiara prevalenza dei pro-
            cessi di statalizzazione e di militarizzazione ‘dall’alto’ su quello di naziona-
            lizzazione  e quindi,  se si vuole,  la  riduzione  delle  guerre d’indipendenza
            nazionale a tradizionali guerre dinastiche. Ma il carattere indubbiamente con-
            tradditorio del Risorgimento sub specie militari non autorizza, a mio avviso,
            ad appiattirsi su posizioni tipo la «rivoluzione tradita» o, appunto, la «conqui-
            sta regia». In particolare una serie di dati relativi ai due volontariati degli anni
            dell’unificazione,  quello  ‘irregolare’  catalizzato  dalle  campagne  non solo
            garibaldine del 1859 e del 1860  e quello ‘regolare’, il cosiddetto volontaria-
            to ‘ordinario’, previsto dalla leva piemontese e poi italiana segnalano, con
            tutti i limiti del caso (il fenomeno fu quasi esclusivamente urbano e per di più
            sostanzialmente  limitato,  con alcune  eccezioni  relative  alla  campagna  del
            1860, all’Italia centro-settentrionale), che in quella fase la militarizzazione
            ‘dal basso’ fu, come lo era stata del resto nel 1848, un fattore di assoluto
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            rilievo nella vita nazionale .
               D’altra parte l’esigenza di non incrinare la continuità corporativa dell’ar-
            mata e quindi di compromettere il «forte quadro di istituzioni militari» eredi-
            tato dal Piemonte, indusse le autorità politiche e militari italiane negli anni
            del «considerevolissimo aumento» ad una serie di scelte centripete, che rese-
            ro la conversione dell’esercito sardo in quello italiano un processo abissal-
            mente lontano da quella «nazione armata» formata da cittadini-soldati auspi-
            cata da Garibaldi e dalla maggioranza della Sinistra. Furono conservati, in
            particolare, i pilastri del sistema lamarmoriano, dal reclutamento ‘nazionale’
            alla ferma quinquennale dei soldati che appartenevano a armi e corpi diversi
            dalla cavalleria (per i soldati di quest’ultima vigeva una ferma settennale),
            dalla  spiccata  preferenza  per i volontari  ‘ordinari’, i professionisti con la
            ferma, sulla carta, di otto anni, di fatto pluridecennale, alla massiccia utiliz-
            zazione dei sottufficiali quale cespite di nuovi ufficiali, dalla concessione di





            7  Ad esempio, la metà dei cinquantamila volontari, che nel 1859 affluirono in Piemonte per
               combattere contro l’Austria nell’armata sarda o nei corpi di volontari promossi da Garibal-
               di, era costituita da artigiani, operai e addetti ai servizi (Anna Maria Isastia, il volontariato
               militare nel Risorgimento. La partecipazione alla guerra del 1859, Roma, Ufficio storico
               dello Stato maggiore dell’esercito, 1990, p. 215). Quando, nel 1863, fu eseguita per la pri-
               ma volta la leva in maniera uniforme in tutto il regno d’Italia, risultò che, soprattutto nelle
               grandi città del Nord, molte reclute erano già sotto le armi in qualità di volontari “ordina-
               ri”, con una ferma, cioè, di otto anni. In questa condizione si trovava il 44% dei coscritti
               genovesi, il 33% dei torinesi e il 18% dei milanesi (Piero Del Negro, La leva militare in
               Italia dall’Unità alla Grande Guerra, in esercito, Stato, società, cit., pp. 167-267: 179).
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