Page 361 - Il Risorgimento e l'Europa - Attori e protagonisti dell’Unità d’Italia nel 150° anniversario - Atti 9-10 novembre 2010
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ampi privilegi ai ceti abbienti, un’aliquota molto alta dei quali grazie ad isti-
tuti quali la liberazione, la surrogazione e lo scambio di numero poteva sot-
trarsi legalmente alla coscrizione obbligatoria, alla pretesa delle forze armate
regolari di detenere, quanto meno in periodo di pace, il monopolio della vio-
lenza legale, di essere, in altre parole, l’unica istituzione militare.
Il reclutamento ‘nazionale’: anche se l’aggettivo può apparire in linea con
il processo di unificazione politica e come tale fu anche effettivamente giu-
stificato negli interventi che si susseguirono in varie sedi negli anni successi-
vi alla nascita del nuovo regno («i quadri misti sono la base su cui poggia
solidamente l’integrità dell’esercito e si fortifica il sentimento nazionale»,
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doveva ad esempio scrivere nel 1871 il capitano di fanteria Carlo Ballatore) ,
in realtà l’adozione di tale tipo di reclutamento aveva ubbidito a tutt’altre
preoccupazioni. Come testimoniava del resto il nome ‘provinciale’ che era
stato dato alla maggioranza delle brigate di fanteria dell’esercito piemontese
(Acqui, Casale, Cuneo, Pinerolo, Savona ecc.) e soprattutto il fatto che, con
qualche eccezione, facessero riferimento a peculiari zone di reclutamento,
nell’antico Piemonte vigeva un sistema di reclutamento territoriale. Ma epi-
sodi traumatici del 1849 come la rivolta di Genova e l’atteggiamento della
divisione lombarda avevano indotto il ministero della guerra ad accantonare
il reclutamento territoriale (due, tuttavia, le eccezioni superstiti, le brigate
Savoia e Guardie, che dovevano continuare a fare riferimento a, rispettiva-
mente, la Savoia e la Sardegna) a favore di un sistema ‘nazionale’, che distri-
buiva tra più reggimenti le reclute provenienti dal medesimo circondario.
Il regno d’Italia aveva conservato, non senza una buona dose d’ipocrisia,
l’etichetta ‘provinciale’ delle brigate di fanteria (ad esempio, volendosi limi-
tare all’Emilia-Romagna, le denominazioni avevano fatto riferimento a
Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma e Ravenna), ma, soprattutto alla luce
di eventi ancora più traumatici di quelli del 1849 quali il brigantaggio
nell’Italia meridionale e le insurrezioni antiunitarie come quella scoppiata a
Palermo nel 1866, aveva ulteriormente irrigidito la formula del reclutamento
‘nazionale’, immettendo nello stesso reggimento reclute provenienti anche da
cinque-sei diversi circondari. Inoltre, mentre nel Piemonte prequarantottesco
i reggimenti cambiavano di guarnigione ogni tre anni e tendevano di regola a
ritrovare, di rotazione in rotazione, le stessi sedi, negli anni 1860 e seguenti
8 Carlo Ballatore, L’esercito italiano nello stato di pace considerato in ordine all’educazio-
ne civile delle masse ed all’unificazione del sentimento nazionale, Piacenza, D. Tagliaferri,
1871, p. 25.