Page 46 - Le Operazioni Interforze e Multinazionali nella Storia Militare - ACTA Tomo I
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           volte, la Marina era un mezzo particolarmente efficace per promuovere gli interessi del
           Paese in campo internazionale. Nell’edizione dell’opera principale di Mahan pubblicata
           dall’Ufficio Storico della Marina Militare vi è un’interessante e significativa mappa che
           reca questa didascalia: «Basi portuali e ancoraggi sovietici al tempo dell’Ammiraglio
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           Gorshkov lungo le stesse direttrici delle vecchie basi inglesi» .
              Il passaggio stesso da una dimensione puramente europea ad una mondiale delle
           relazioni internazionali fu segnato dalla lotta tra i galeoni spagnoli e le navi da corsa in-
           glesi che combatterono una battaglia dell’Atlantico, una guerra dei convogli, nella quale
           i legni della Regina Elisabetta I svolgevano il ruolo che quattro secoli dopo gli U-boote
           e le corazzate tascabili tedesche avrebbero svolto contro una flotta britannica (e statuni-
           tense) che aveva assunto il ruolo di quella spagnola, anche se dal continente americano
           non portava più oro ma armi, munizioni e derrate alimentari.
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              Come è noto, diverse teorie geopolitiche, a cominciare da Halford Mackinder , han-
           no cercato di interpretare la storia come un continuo conflitto tra potenze continentali e
           potenze marittime. Alla transizione dall’età moderna a quella contemporanea si vide la
           lotta tra un impero marittimo, quello britannico, ed un impero eminentemente continen-
           tale, quello francese, che pagò ad Aboukir ed a Trafalgar i danni inferti dalla rivoluzione
           alla marina, che aveva trovato proprio nell’ultimo Re, Luigi XVI, un sovrano fortemente
           interessato al suo sviluppo, convinto della lezione di Colbert che «on ne peut, sans la
           marine, ni soutenir la guerre ni profiter de la paix». Nel corso della storia moderna, tra-
           dizionalmente la Gran Bretagna contribuì alle coalizioni delle quali faceva parte soprat-
           tutto con la flotta ed il sostegno finanziario, ma fu anche il Paese che sviluppò meglio il
           coordinamento tra operazioni terrestri e navali.
              L’avvento dell’aviazione aggiunse un nuovo elemento alla collaborazione interforze.
           Un’aeronautica come Forza Armata indipendente nacque in tempi diversi nei vari Paesi.
           Curiosamente solo nel 1947 negli Stati Uniti, lo Stato che più ha puntato sull’arma ae-
           rea. Anche dopo la nascita dell’Aeronautica come Forza Armata indipendente, in molti
           Paesi le Marine Militari hanno conservato un’autonoma forza aerea e in alcuni anche
           l’Esercito mantiene un’aviazione leggera. I dibattiti strategici sul potere aereo hanno
           visto contrapporsi i teorici della sua supremazia ed indipendenza, come Giulio Douhet
           in Italia e William Mitchell negli Stati Uniti, e quelli che privilegiavano un’aviazione
           in stretta cooperazione e interoperabilità con le forze terrestri e navali, come l’italiano
           Amedeo Mecozzi. Un altro italiano, Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica
           dal 1939 al 1941, Francesco Pricolo, sintetizzò in maniera un po’ brutale il ruolo delle tre
           Forze Armate: «L’arma efficace della flotta aerea è il terrore, invece quella della marina
           può essere la fame, quella dell’Esercito la effettiva occupazione del territorio» .
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           3    A. T. Mahan, L’influenza del potere marittimo sulla storia (1660-1783), Roma 1994, tra p. 20 e p. 21.
           4    Cfr. H. Mackinder, The Geographical Pivot of History, in Geographical Journal, 1904, saggio poi più volte
              rielaborato.
           5    Cit. in J. Gooch, Mussolini e i suoi generali. Forze armate e politica estera fascista 1922-1940, Gorizia 2011,
              pp. 542 e 597.
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