Page 48 - Le Operazioni Interforze e Multinazionali nella Storia Militare - ACTA Tomo I
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           «diplomazia delle cannoniere». Secondo i suoi sostenitori, ad essa «non vi sono altri
           succedanei di appoggio militare, né aerei, né terrestri, perché il loro impiego condur-
           rebbe sempre alla violazione delle regole internazionali sulla sovranità degli spazi, a un
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           manifesto gesto di ostilità e, quindi, al peggioramento di crisi e tensioni» .
              Altri hanno però sostenuto che il potere aereo ha largamente sostituito il potere ma-
           rittimo come strumento della politica estera, in particolare «della deterrenza e della com-
           pellenza, quindi della “diplomazia coercitiva”», e che «la politica “dei cacciabombar-
           dieri” [...] ha parzialmente sostituito quella “delle cannoniere”» .  Naturalmente però
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           una seria politica militare impone più che mai di ragionare in termini interforze ed il
           conseguimento di obiettivi politico-diplomatici richiede quasi sempre un controllo del
           territorio che può essere garantito solo da truppe di terra. Un’esigenza già riconosciuta
           proprio da un teorico del potere marittimo, Sir Julian Corbett: «Uno stato marittimo, per
           condurre con successo una guerra e per attuare la particolarità della sua forza, deve con-
           cepire ed usare la marina e l’esercito come strumenti fra loro intimamente legati, così
           come lo sono le tre armi di terra [fanteria, cavalleria ed artiglieria] [...] Poiché l’uomo
           vive sulla terra e non sul mare, i grandi scontri tra nazioni in guerra sono sempre stati
           decisi − eccetto rarissimi casi − o da ciò che l’esercito può fare contro il territorio e la
           vita della nazione nemica, oppure dal timore di ciò che la flotta può consentire all’eser-
           cito di fare» .
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              I vantaggi del potere aereo sono «la rapidità d’intervento, l’ampio raggio d’azione,
           […], la “verticalità”, che svincola gli attacchi aerei dai condizionamenti morfologici del
           terreno, la possibilità di graduazione della violenza a seconda delle esigenze della politi-
           ca e delle reazioni dell’avversario, la sottrazione degli attacchi aerei all’influenza perva-
           siva dei media prima che siano effettuati […] gli aerei garantiscono una potenza virtua-
           le, senza schieramento di forze sul terreno o nei mari viciniori al teatro di operazioni» .
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           Lo stesso autore appena citato rileva comunque che «la superiorità marittima, grazie alla
           sua ubiquità, mobilità, flessibilità e ora grazie anche alla capacità di colpire in profondità
           obiettivi terrestri con aerei, missili cruise imbarcati e azioni anfibie, costituisce indub-
           biamente uno strumento assai rilevante della diplomazia della violenza per interventi
           chirurgici su scala planetaria. In tale ruolo le forze navali hanno caratteristiche competi-
           tive rispetto a quelle aeree» . Una flotta navigante in acque internazionali può consenti-
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           re ad esempio all’aviazione imbarcata di colpire i propri obiettivi senza dover ricorrere a
           basi in territori stranieri amici e senza richiedere ad altri Stati l’uso del loro spazio aereo.


           12  G. Giorgerini, L’Unione Europea e la strategia marittima, in Affari Esteri, a. XXVII, n. 107 (estate
              1995), p. 586.
           13  C. M. Santoro, Potere aereo, deterrenza e compellenza e C. Jean, Osservazioni sul potere aereo,
              in C. M. Santoro (a cura di), Italo Balbo: aviazione e potere aereo, Roma 1998, pp. 229-50 (243 e
              248 per le citazioni). Sul tema cfr. Airpower in 20  Century. Doctrines and Employment. National
                                                    th
              Experiences, numero monografico della International Review of Military History, n. 89, 2011.
           14  J. S. Corbett, Alcuni principi di strategia marittima, Roma 1911, pp. 19 e 24. Alla strategia in-
              terforze dedicò una certa attenzione lo svizzero (!) Antoine Henri de Jomini (cfr. F. Sanfelice di
              Monteforte, Jomini e il mare, in Rivista Marittima, a. CXXXI, luglio 1998, pp. 13-23).
           15  C. Jean, Guerra, Strategia e Sicurezza, Bari 1997, pp. 148-49.
           16  Ibi, p. 143.
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