Page 49 - Le Operazioni Interforze e Multinazionali nella Storia Militare - ACTA Tomo I
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             Potere aereo e potere marittimo avranno sempre i loro sostenitori, convinti della
          maggiore importanza dell’uno o dell’altro; come si è poi rilevato, interventi militari per
          promuovere stabili soluzioni politiche richiedono solitamente l’uso di truppe di terra.
          «Si può volare per anni sopra un territorio, si può bombardarlo, polverizzarlo e renderlo
          del tutto privo di vita: ma se si vuole difenderlo, proteggerlo, tenerlo, si deve farlo sul
          terreno, così come facevano le legioni romane: mettendo i propri giovani nel fango» 17


          La situazione attuale
             L’uso della forza militare richiede quindi da sempre un’ottica joint (interforze); oggi
          più che mai necessita anche di un approccio combined (multinazionale). Nemmeno la
          superpotenza americana ha più le risorse materiali e soprattutto etico-politiche per in-
          terventi solitari. L’indispensabile (o quanto meno utile) sostegno alle operazioni mi-
          litari da parte dell’opinione pubblica interna ed estera è favorito dall’esistenza di una
          legittimazione dell’intervento che è tanto più forte se proviene da un’organizzazione
          internazionale. L’optimum è ritenuto il mandato dell’ONU; nel caso dell’intervento in
          Kosovo si ritenne sufficiente la decisione della NATO, mentre la guerra all’Iraq del 2003
          fu impopolare anche perché sostenuta solo da una coalition of the willing. Considerando
          gli obiettivi dei conflitti della fine del XX secolo e dell’inizio del XXI, il regime change
          o lo state building, alle considerazioni già fatte sulla necessità di un approccio militare
          interforze va aggiunto che è più mai necessario uno stretto coordinamento con la politica
          e la diplomazia. La stabilizzazione post-conflitto richiede poi la collaborazione civile-
          militare (cimic).
             Le organizzazioni di difesa collettiva come la NATO garantiscono meglio la solu-
          zione di alcuni classici problemi che hanno sempre travagliato le coalizioni, come la
          scelta del comandante e la struttura di comando, l’interoperabilità, il ruolo delle diverse
          forze nazionali, gli interessi comuni, la permanenza della solidarietà tra gli alleati anche
          dopo la fine della guerra. I comandi supremi ed i comandi integrati di teatro della NATO
          svilupparono il modello di una delle alleanze più integrate della storia, quella tra Regno
          Unito e Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, il cui vertice militare erano i Com-
          bined Chiefs of Staff, mentre in ogni teatro vi era un comando supremo multinazionale
          ed interforze. Il comandante dell’Operazione Overlord, il Generale Dwight Eisenhower
          fu poi il primo comandante supremo alleato della NATO in Europa, SHAEF (Supreme
          Headquarters Allied Expeditionary Force) fu l’antesignano di SHAPE (Supreme He-
          adquarters Allied Powers Europe).
             L’ottica multinazionale è oggi imposta ai Paesi europei anche dalla crisi economica.
          Sia la NATO sia l’Unione Europea cercano di varare modelli di collaborazione che
          evitino gli sprechi. È all’ordine del giorno della NATO la formula della smart defence:
          in campo militare, come in quello civile, si cerca di fare meglio con meno risorse, so-
          prattutto si vuole favorire una specializzazione dei ruoli evitando duplicazioni. Il rischio
          è la perdita da parte di alcuni Stati di una capacità militare, sia pure su scala ridotta, a
          tutto campo.


          17  The Economist, 18-24 novembre 2000.
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