Page 41 - Le Operazioni Interforze e Multinazionali nella Storia Militare - ACTA Tomo I
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mo contribuire, alimentando quel contagio di ragionevolezza che anche in questi giorni, in
queste ore, ci può rendere più chiara la prospettiva della storia. E all’interno della storia,
consentitemi di sottolineare una volta di più quel che passa nella mente e nel cuore degli
uomini.: perché non è solo geostrategia, e non è solo geopolitica la storia. All’interno de-
lla storia, la storia degli uomini e dei soldati acquista un valore particolare, che lo rende
comune anche a chi, per definizione della politica, arriva stare su sponde contrapposte. Il
Tercio Español, i Bersaglieri in Crimea, la Legione a Dien Bien Phu, la 101ª Aviotraspor-
tata a Sàint Mére Eglise, i giannizzeri rinnegati dell’Impero Ottomano, la cavalleria po-
lacca sotto le mura di Vienna: che cos’hanno in comune questi uomini, se non il fatto che
accettano di portare attraverso la responsabilità personale, sino agli ultimi che cadono per
un senso superiore, che metta al centro la vita delle persone, si portano dietro insomma il
peso della storia delle decisioni della politica, avendo la capacità di tradurlo con il mede-
simo coraggio, con il medesimo eroismo. Fino al Maggiore Giuseppe La Rosa, che colpito
da un atto terroristico, la nuova più recente formulazione delle guerre asimmetriche, muo-
re nei giorni scorsi in Afghanistan avendo chiaro che la sua vita servirà per salvare quelli
che sono con lui a bordo del blindato che lo trasporta. E stendendosi sulla granata, sulla
bomba a mano, e lasciandosi straziare da quell’ordigno, Giuseppe La Rosa ci rimette di
fronte alla domanda, già usata dal sindaco di Torino, e che io ripropongo tutti voi: vale la
pena morire per Kabul? Noi sappiamo che vale la pena. Lo sapeva Giuseppe La Rosa, che
col suo entusiasmo suffraga e legittima il fatto che da quando la missione internazionale
ISAF è a Kabul, nell’Afghanistan non 800.000 come sotto i talebani, ma 7 milioni e me-
zzo sono gli studenti, di cui 35% donne, che hanno avuto accesso ai servizi dell’istruzione.
Centoventi ospedali sono stati costruiti migliaia, di chilometri di infrastrutture sono state
realizzate, e l’opportunità della democrazia e della libertà è stata ripresentata ad un popolo
alla sua storia. Certo, tutto questo significa forse che è tutto chiaro? Ma forse dovremo
ricordare, a fronte di quei dieci anni dell’Afghanistan, che per l’appunto la comunità inter-
nazionale è da trentaquattro anni in Libano; da venti anni in Bosnia, nel cuore dell’Europa;
da quindici in Kosovo. Sappiamo cioè che utilizzare lo strumento militare attraverso il
tempo e il modo del contenimento dei conflitti per preparare le ragioni le condizioni della
pace, è un lavoro lungo, è un lavoro difficile, è un lavoro che ha bisogno della passione e
del valore non solo dei nostri soldati: perché attraverso il loro valore ritroviamo la possi-
bilità di ridare valore alle nostre scelte politiche, purché siano oculate; purché non siano
affrettate; purché siano orientate al diritto e alla pace, in modo da rendere più agevole la
storia intera dell’umanità.
Noi vorremmo cercare di essere, attraverso i lavori di questo convegno, degni del sacri-
ficio di quegli uomini. E se è vero che una delle più importanti battaglie della storia, la
Battaglia d’Inghilterra, una battaglia principalmente aerea, è stata salutata da Winston
Churchill con le parole “Mai così tanti dovettero così tanto a così pochi”, io credo che
forse ancor di più potremmo dover disporre nei confronti del lavoro degli storici, perché se
il lavoro degli storici, e degli storici militari, saprà evidenziare la ragione e lo scopo della
politica nei confronti di ciò che giorno per giorno è la responsabilità dei governi, credo che
avremo fatto qualcosa di molto utile per i nostri popoli.
Vi ringrazio.