Page 195 - Atti 2014 - La neutralità 1914-1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
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III SeSSIone - l’ItalIa economIca                                   195



             tima era stata combattuta, in larga parte, dai contadini che tornando ritrovavano
             un’agricoltura in crisi, specialmente nelle regioni meridionali. La stessa produ-
             zione di grano si era ridotta rispetto al periodo precedente all’entrata dell’Italia
             in guerra; le fabbriche dovevano affrontare una riconversione industriale che si
             traduceva in un drastico ridimensionamento della produzione e addirittura nello
             smantellamento di molti impianti creati appositamente per la produzione di mu-
             nizioni e armamenti; aumentava la disoccupazione a causa della fuoriuscita di
             tecnici e operai, fra cui le molte donne mobilitate per le produzioni di guerra che
             si aggiungevano alle migliaia di soldati congedati.
                Senza ripercorre qui la storia che ha portato all’affermazione del fascismo e
                                                                          35
             rinviando ad una letteratura consolidata e ad una analisi più specifica , si ricorda-
             no, in sintesi, da una parte, le drammatiche fasi di occupazione delle fabbriche e
             delle campagne, l’inconsistenza degli ultimi governi liberali, il consolidarsi di una
             coalizione fra ceti industriali e agrari che pure avevano tratto grandi vantaggi dalla
             guerra e il diffuso malcontento piccolo borghese, e dall’altra parte il proletariato
                                                                   36
             che portarono al progressivo disfacimento dello stato liberale  e all’affermazione
             del regime fascista.
                Nel corso della I guerra mondiale si assistette ad un interessante caso di sim-
             biosi tra pubblico e privato, “con la dirigenza pubblica che ben presto assurse,
             tramite alcuni suoi uomini, alla guida dello sforzo produttivo e distributivo del
             paese. Per cinque anni la mobilitazione totale, orchestrata da alcuni dirigenti pub-
             blici, permise non solo di avviare al fronte milioni di uomini e di tenerveli rifor-
             niti di viveri, armi e altri beni necessari. Essa riuscì anche a far dilatare di dieci
             volte la manodopera dei maggiori gruppi industriali, a distribuire beni e servizi
             al resto della popolazione, a far espandere enormemente la struttura industriale.
             L’industria elettrica e quella chimica si può dire siano nate con la guerra, quella
             meccanica crebbe fino a divenire anche qualitativamente diversa. Lo stesso vale
             per la cantieristica.” 37
                Alla fine della guerra gli uomini politici, poco consapevoli dello spirito dei
             nuovi tempi, cercarono di riprendere i posti che occupavano prima dello scoppio
             senza tenere conto che la nuova classe di imprenditori e manager privati e pubblici
             che, dopo avere goduto dei vantaggi fruiti dal governo tecnocratico imposto dalla


             35  R. De Felice,  Mussolini  il  fascista,  Torino,  Einaudi,  1995.  Per  una  ricostruzione  storica
                 economica del periodo tra gli altri si veda V. Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda
                 rinascita economica dell’Italia (1861-1990), il Mulino, Bologna 1993, pp. 271-388; Petri R.,
                 (2002), Storia economica d’Italia. Dalla grande Guerra al miracolo economico (1918-1963), il
                 Mulino, Bologna 2002.
             36  G. Toniolo, Storia economica dell’Italia liberale, 1850-1918, Il Mulino, Bologna 1988.
             37  M. De Cecco, A. Pedone, Le istituzioni dell’economia, in R. Romanelli (a cura di), Storia dello
                 Stato italiano dall’Unità a oggi, Donzelli editore, Roma 1995, pp. 253-300, in particolare p.
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