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24 la neutralità 1914 - 1915. la situazione diplomatica socio-politica economica e militare italiana
non si limitano a pretendere l’Alsazia-Lorena cercando di annettersi i territori a
sinistra del Reno appartenuti ai tedeschi, da parte loro gli inglesi e gli americani
non intendono agevolare la formazione di uno Stato francese eccessivamente forte
in Europa. La Germania deve cedere anche due piccoli distretti al Belgio (Eupen
e Malmédy), l’Alta Slesia, la Posnania e un corridoio fino a Danzica per lo sbocco
sul mare alla Polonia, le sue colonie che vengono divise fra Inghilterra, Francia,
Belgio, Giappone, Australia e Sud-Africa. Le dinamiche che operano in seno alla
Conferenza, oltre alle spartizioni territoriali, si articolano anche intorno al tema
delle riparazioni di guerra (132 miliardi di marchi-oro da pagare in trent’anni) e
alle clausole che i vincitori intendono imporre alla Germania - alla quale viene
imposto di dichiararsi responsabile del conflitto - affinché non possa riconquistare
agevolmente la precedente posizione di grande potenza.
La rivoluzione russa, che interrompe definitivamente l’era zarista, non poteva
non incrociarsi con gli eventi altrettanto destabilizzanti che si stavano producendo
in Europa con la prima guerra mondiale. Il paese entra in guerra a fianco dell’Intesa
grazie all’appoggio di democratici, menscevichi e rivoluzionari convinti che la
guerra avrebbe indebolito il potere zarista e favorito la rivoluzione. La Russia
di Lenin, impegnata nella costruzione del socialismo, tuttavia, non riuscì a
“contagiare” gli altri paesi europei, anche se un’ondata rivoluzionaria seguì
negli anni successivi all’ottobre del 1917 ovunque vi fossero movimenti operai e
partiti socialisti a imputarsene le ragioni e le finalità. Scioperi e dimostrazioni di
massa contro la guerra si verificarono in centro-Europa, a Vienna, a Budapest, nei
territori dell’area ceca e bulgara, come reazione occidentale rispetto a quella della
rivoluzione bolscevica, come risposta nazionalista contro l’internazionalismo
leninista. In altri termini, chi reagiva era rivoluzionario ma non bolscevico e
aveva richieste da avanzare, di quelle che in ogni epoca illudono i popoli, come il
possesso della terra o la tutela di ciascuno rispetto agli stranieri di altra nazionalità
(specie se ebrei). La pace di Brest-Litovsk (3 marzo 1918) fra Russia e Germania
segna la fine della partecipazione del paese al conflitto mondiale e apre invece la
guerra civile al suo interno tra rossi e bianchi anticomunisti.
I problemi ai quali la Conferenza della pace deve rispondere sono molti e
di difficile soluzione, come è agevole vedere dagli studi su quell’incontro e sui
trattati che lì vengono conclusi, che hanno conosciuto una rilevante ricchezza nel
periodo tra le due guerre mondiali, certamente influenzati dalla necessità politica
di sostenere le ragioni dei vincitori ma segnati anche da tendenze revisionistiche
originate dalla convinzione che gli accordi conclusi fossero stati iniqui nei
confronti della Germania. Tale storiografia, per i temi che affronta e per i suoi
innegabili presupposti nazionalisti e ultra-nazionalisti, conosce una sorta di oblio
nel secondo dopoguerra quando l’attenzione degli storici si concentra piuttosto
sullo studio dei fenomeni interni alle società. Per gli Stati belligeranti, si apre una
fase particolarmente complessa, causata dalle difficoltà di riconvertire in industria