Page 389 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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IV SeSSIone - ASpettI del conflItto Sul fronte Interno              389


             adulazioni, non vi dette mai alcun peso. Suo desiderio era, disse, “finir bene la
             guerra ed eclissarmi poi”, e si può credere che così fosse.

             L’inverno del Generalissimo
                Delle battaglie vinte e perdute non si tratterà, accennando solo agli ultimi
             giorni del Capo, come lo chiamavano i suoi, nei giorni di Caporetto.
                Scrisse alla moglie “sono come un mare che può essere agitato alla superficie,
             ma le cui acque profonde sono tranquille”. Era agitato invece, come si capisce
             dall’apertura delle sue lettere: “le cose vanno male” ripete spesso e aggiunge,
             “mi trovo in una delle ora più tragiche della storia, ma mi mantengo calmo e de-
             ciso non a dominarla, perché ciò è impossibile, ma ad affrontarla fino all’ultimo
             momento”.
                La sua rimozione era in realtà già decisa da prima di Caporetto, egli stesso la
             presentiva e ne parlava nelle lettere a casa. Il mondo politico era stanco di “at-
             tendere sull’attenti il comando tremando che comandasse”. La disfatta aggiunse
             solo una motivazione clamorosa ad un divorzio maturato da tempo. Dopo la
             breve parentesi al Consiglio Interalleato di Parigi, uscì definitivamente di scena.
                Nel dopoguerra, a dispetto dei suoi propositi di chiudersi nel silenzio, non
             seppe sottrarsi alle polemiche e alle recriminazioni. Quando gli chiesero cosa
             avrebbe fatto in caso di guerra alla Francia, proruppe:
                    “Già, se avessimo marciato con la Germania noi avremmo avuto gran-
                   dissimi vantaggi. Questo è certo. Avremmo preso il Nizzardo, avrem-
                   mo preso la Corsica, avremmo preso la Tunisia. Avremmo trasformato
                   il problema adriatico in un problema mediterraneo. Dicono che non
                   avremmo marciato! Avremmo marciato e come! Io me ne sarei incari-
                   cato: e poi, alle prime vittorie, tutti sarebbero stati felici e avrebbero di-
                   menticato ogni prevenzione. Dicono che saremmo morti di fame. Può
                   darsi che avremmo patito un mese: ma in capo a un mese la campagna
                   era vinta. Avrebbero bombardato o preso qualche nostra città. Sul Reno
                   ci saremmo fatti ridare tutto” .
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                I rapporti con gli Alleati dovevano essere stati anche peggiori di quanto si è
             sospettato.
                Se ne ebbe una prova quando, ormai ritirato a vita privata, scrisse un articolo
             per rimbeccare alle Memorie del maresciallo Ferdinand Foch, il quale si era at-
             tribuito il merito di aver scelto il Piave come linea di resistenza nel 1917, indica-
             zione che Cadorna definì “non richiesti e non necessari consigli” .
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             13  In: G. Rocca, Cadorna, p.53.
             14  Luigi Cadorna, La fine di una leggenda. Risposta al Maresciallo Foch, in: Rassegna Italiana
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