Page 388 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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             fosse ordinaria amministrazione . Come nel 1866, ancora una volta un governo
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             che trattava, e senza idee molto definite, con entrambi i contendenti; ancora una
             alleanza militare era stata siglata senza consultare, e neanche avvertire, i vertici
             di Esercito e Marina; ancora si era nominato un capo di Stato Maggiore -lui-
             senza vera convinzione, come soluzione di emergenza e col riposto proposito
             di sostituirlo alla prima delusione. Intorno, ancora una volta, generali litigiosi e,
             molto spesso, mediocri, tutti con una grande opinione di sé e una scarsissima dei
             colleghi. Quasi nessuno sembrava rendersi conto dell’ordalia di sangue e acciaio
             che si era scatenata sull’Europa, e in cui il Paese stava entrando con incoscienza
             e più diviso che mai.
                Fu forse in quei giorni che Cadorna maturò definitivamente quella diffidenza
             venata di disprezzo e quella freddezza che avrebbe ostentato fino alla fine. Per
             primo comprese che un conflitto del genere avrebbe potuto vincersi solo orien-
             tando alla guerra tutte le energie del Paese, se necessario spingendolo con la
             forza sulla via del dovere.
                Quando una delegazione di Pallanza venne a trovarlo al Comando Supremo il
             generale disse loro indicando l’Isonzo, “mio padre arrivò fin qui, io arriverò fin
             là”, e disegnò un arco che andava da Trento a Trieste.
                Della guerra in corso fraintese molte cose e molte altre le ignorò, anche se
             meno di quante si creda. Delle sofferenze delle truppe sapeva tutto, e in parte
             cercò di rimediarvi, così come sapeva del prezzo terribile che le offensive impo-
             nevano. Decise, scientemente, di accettarlo e di imporlo al Paese come l’unico
             mezzo per giungere alla vittoria.
                La Vittoria, solo questo importava, essendo l’alternativa la fine della dinastia
             e forse dell’Unità. La volle con una decisione che quasi sconfinava nell’osses-
             sione, ma gli va riconosciuto che solo una determinazione come la sua, portata
             talvolta alla spietatezza, poteva muovere lo sferragliante meccanismo dell’Eser-
             cito dalle sue ruggini e ritardi, organizzarlo e riarmarlo con tutti i suoi milioni di
             uomini e condurlo, per quasi tre anni, dove voleva.
                Un suo biografo dirà che “milioni di uomini gli ubbidivano sapendo che in
             caso contrario la punizione sarebbe stata implacabile” . Era vero, ma era anche
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             vero che moltissimi trovarono in lui quel capo che il Paese in guerra, istintiva-
             mente, cercava.
                A questo riguardo, vale la pena notare come la pubblicistica agiografica sorta
             nel 1915-1917 sulla sua persona anticipò, nei toni, nella cifra retorica e nella
             piaggeria, quella che alcuni anni dopo sarà volta al capo del fascismo. Cador-
             na, caratterialmente prima ancora che eticamente refrattario a questo genere di


             11  Ivi, pp. 154-155. Su questo punto insiste molto Cadorna nel suo Guerra alla fronte italia-
                na,
             12  Gianni Rocca, Cadorna. Il generalissimo di Caporetto, Milano, Mondadori, 1985.
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