Page 385 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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IV SeSSIone - ASpettI del conflItto Sul fronte Interno 385
poi ascoltare dalla voce del padre molti fatti che i contemporanei, e forse anche
noi, ignoriamo?
La prima cosa che la guerra sfortunata aveva insegnato, e dalla quale Cador-
na non defletté mai, fu la necessità del comando unico: in guerra uno solo deve
comandare e gli altri ubbidire. Scriverà Cadorna che Cialdini “che non voleva
comandare e non sapeva ubbidire” portava la responsabilità maggiore dell’in-
successo, ma che più in generale:
“Certo si è che in questa campagna, come in tutte le precedenti del
nostro Risorgimento, venne totalmente a mancare quel forte organa-
mento del comando, e perciò quell’unità di azione senza della quale
anche con un ottimo esercito non si riesce che a sicura rovina” .
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Questo principio restò nella sua memoria impresso a lettere di bronzo. Mai
si sarebbe dovuto ripetere il caso di due generali che agiscono per conto proprio
con il re che, sul campo di battaglia, va a consultarsi con entrambi. Quando nel
1917 gli proporranno un consiglio di guerra con i ministri militari e i comandanti
di armata lo rifiuterà seccamente, definendolo in una lettera alla famiglia “un
parlamentino che ci riporterebbe al 1866”, aggiungendo che i ministri che si fos-
sero presentati in zona di guerra senza permesso sarebbero stati riaccompagnati
indietro dai carabinieri.
Il secondo punto fu sicuramente la necessità di un riordino dei compiti fra
Governo e comando dell’Esercito. Per Cadorna la preparazione e la condotta
della guerra dovevano essere di esclusiva pertinenza del Capo di Stato Maggiore,
il quale avrebbe informato il Governo attraverso il Ministero della Guerra, il cui
ruolo sarebbe stato quello dell’ufficiale pagatore e del portavoce. Era questo, e
sarebbe rimasto, un tasto dolentissimo dell’organizzazione dei vertici militari
italiani fino al secondo conflitto mondiale incluso: mai si riuscì a definire quali
fossero esattamente i compiti e le attribuzioni del Ministero e dello Stato Mag-
giore di fronte al Capo del Governo e, soprattutto, al Re.
Infine, la selezione dei quadri. A Custoza alcuni reparti avevano ceduto ma-
lamente, soprattutto per difetto dei loro ufficiali, la cui guida degli uomini non
era stata decisa ed efficace. Cadorna ritenne sempre l’approssimazione e l’indi-
sciplina i peggiori difetti nazionali, e tra i doveri di un comandante collocò per
primo quello di sorvegliare, punire e rimuovere tutti coloro che, al momento
della verità, si fossero mostrati al di sotto delle loro responsabilità.
In tutti i suoi incarichi, e soprattutto nel comando di un reggimento bersa-
glieri, che considerò come la parentesi più bella della sua carriera, il futuro ge-
nerale dimostrò di curare la disciplina formale prima di ogni altra cosa, prima
anche dell’addestramento. Gli sfuggì, fino all’ultimo, quanto fosse importante
7 LUIGI CADORNA, Il generale Raffaele Cadorna, cit., p. 218.

