Page 96 - Il 1916 Evoluzione geopolitica, tattica e tecnica di un conflitto sempre più esteso - Atti 6-7 dicembre 2016
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             del fiume Zbruč, al confine fra la Galizia austro-ungarica e i territori dell’ex im-
             pero zarista , avrebbe dato alle cose un ulteriore senso d’urgenza, debitamente
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             enfatizzato durante le conferenze interalleate di Parigi (25 luglio) e di Londra
             (7-8 agosto).

             Osservazioni conclusive
                A livello tattico come a livello strategico, il 1916 si conferma, quindi, un anno
             di transizione. L’esaurimento della spinta russa a Oriente e il consolidamento
             degli Imperi centrali nella seconda parte dell’anno contribuiscono da una parte
             ad accelerare il processo di dissoluzione dell’esercito zarista, dall’altro ad accen-
             tuare le riserve esistenti intorno alla strategia delle offensive coordinate. L’espe-
             rienza del 1916 dimostra ampiamente i limiti di questa strategia: da una parte,
             il vantaggio rappresentato, per gli Imperi centrali, dalla capacità di muovere le
             proprie risorse fra i vari fronti operando per linee interne; dall’altra le difficoltà
             incontrate delle Potenze dell’Intesa ad accumulare nei tempi previsti e in modo
             coordinato gli uomini e i mezzi necessari a lanciare le offensive previste. Ciò,
             tuttavia, non significa automaticamente il suo abbandono. La rinuncia da parte
             tedesca a insistere nella pressione su Verdun permette, anzi, alla Francia, di libe-
             rare le risorse che avrebbero alimentato le offensive del 1917. Parallelamente, la
             crisi istituzionale greca (che con la noemvriana avrebbe messo definitivamente
             in luce la frattura esistente fra il filo-tedesco re Costantino I e il Primo Ministro
             Venizelos) concorre a riportare all’attenzione dell’Intesa il teatro “secondario”
             di Salonicco, anche grazie alla necessità di sostenere (almeno fino all’armistizio
             del dicembre 1917) lo sforzo bellico della Romania, che nella tarda estate dello
             stesso anno sarebbe riuscita a inchiodare sul terreno oltre un milione di uomini
             degli Imperi centrali e dei loro alleati.
                La tensione fra la necessità di concentrare un volume crescente di risorse su
             un fronte centrale sempre più bloccato e una strategia periferica mai davvero ri-
             solta ma capace – in astratto – di fornire una via d’uscita a tale dilemma avrebbe
             trovato la propria soluzione nel 1917. L’entrata in guerra degli Stati Uniti, il 6
             aprile, e la sostanziale uscita di scena della Russia dopo il fallimento dell’of-
             fensiva Kerenskij avrebbero concorso da una parte a determinare il definitivo
             abbandono dell’“opzione orientale”, dall’altra a rafforzare la scelta (implicita
             nelle grandi offensive del 1915-16) per una guerra di materiali. Al di là del con-
             tributo fornito alle operazioni (che avrebbe cominciato ad essere significativo
             solo verso la metà del 1918, con le azioni di Cantigny e Belleau Wood) e al di là
             di una capacità produttiva già largamente al servizio degli alleati , il fattore di-
                                                                       21

             20  Stone, The Eastern Front, cit., cap. 13.
             21  Nonostante le critiche di quanti hanno accusato gli Stati Uniti di eccessiva lentezza nel mo-
                bilitare il proprio potenziale produttivo al momento dell’entrata in guerra, vale la pena di
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