Page 13 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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Atti del Congresso internAzionAle 13
ha osservato efficamente Sergio Romano in un intervento sul Corriere della sera:
«La storia ideologica di Caporetto ha finito per oscurare un’altra pagina di storia
nazionale. Una componente decisiva del Paese ha reagito con un soprassalto
di orgoglio e un forte desiderio di rivalsa. Qualche storico militare non manca
di mettere l’accento sul contributo degli Alleati con l’invio in Italia di forze
britanniche e francesi. Ma i rappresentanti della Francia e della Gran Bretagna,
convenuti a Peschiera, non si sarebbero impegnati con forze relativamente
limitate, se il colloquio con Vittorio Emanuele III non li avesse convinti che il
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governo italiano avrebbe fatto il necessario per rovesciare la situazione militare» .
Il convegno di Peschiera dell’8 novembre 1917, che fece seguito all’incontro
di Rapallo di pochi giorni prima, segnò un momento chiave per lo svolgimento
degli avvenimenti successivi. A Rapallo, il 5 ottobre, erano convenuti all’Hotel
Kursaal, i capi politici e militari dell’Intesa per discutere della situazione
militare italiana e delle misure da adottare. Erano presenti per l’Italia il nuovo
presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e il ministro degli Esteri
Sidney Sonnino; per la Gran Bretagna il premier Lloyd George, il consigliere
militare Jan Christiaan Smuts e il segretario del gabinetto di guerra Maurice
Hankey; per la Francia il prino ministro Paul Prudent Painlevé, il ministro della
guerra Franklin-Bouillon e il consigliere militare maggiore Jacques Heibronner.
In quella sede si riconobbe la necessità che gli alleati intervenissero militarmente
in aiuto dell’Italia anche nell’interesse della Francia e dell’Inghilterra con 10
divisioni (sei francesi quattro inglesi) ma si richiese il cambio dei vertici militari
italiani e la riorganizzazione del Comando Supremo e si decise la creazione
del Consiglio Superiore di Guerra. Rimase in sospeso, però, la questione
dell’attestamento delle truppe italiane su una linea difensiva sull’Adige, sul
Mincio o, addirittura, sul Po. Era prevalso, in sostanza, sulla base di notizie
incomplete o non del tutto corrette, il convincimento che l’esercito italiano fosse
ormai allo sfacelo, che non avesse più la capacità di resistere sulla linea del Piave
e che fosse, pertanto, opportuno spostare la difesa su una linea più arretrata.
Si trattava di una soluzione, certo, non gradita a Vittorio Emanuele III, che
conosceva bene l’effettiva situazione militare perché, a partire dal 24 ottobre, già
ai primi segnali della rotta, si era mosso di continuo lungo il fronte, incontrando i
reparti in ripiegamento anche per capire dove e come potesse essere organizzata
la resistenza. Inoltre, insieme con il nuovo presidente del Consiglio Orlando,
aveva incontrato a Treviso il generale Cadorna e insieme avevano stabilito che
si dovesse resistere sulla linea del Piave. Secondo la testimonianza di Solaro del
Borgo, di fronte ai propositi emersi dal convegno di Rapallo, che riteneva lesivi
per l’onore e l’orgoglio dell’esercito italiano, Vittorio Emanuele III «insorse»
9 Sergio Romano, Per capire Caporetto vi sono almeno due verità, in Corriere della Sera, 31
ottobre 2015