Page 25 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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soprattutto opererà concretamente; basti ricordare che l’opera in soccorso dei
feriti e dei prigionieri di guerra, affidata inizialmente alla direzione di Mons.
Eugenio Pacelli (futuro Pio XII), assicurò il rimpatrio di 40mila prigionieri dei
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due campi e trattò un totale di 600mila richieste d’informazioni sulla loro sorte .
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Il pacifista Romain Rolland indicò nel Vaticano «la seconda Croce Rossa» e
Mons. Pacelli definì Benedetto XV «Papa dei prigionieri» in una conferenza a
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Würzburg del dicembre 1919 .
Nella Respublica Christiana medievale, al Papa era riconosciuto, almeno in
teoria, un supremo magistero morale o addirittura politico. Nel sistema vestfa-
liano di relazioni internazionali, nell’Europa degli equilibri e della politica di
potenza, il Papa era invece semplicemente considerato il sovrano dello Stato
Pontificio; caduto quest’ultimo, alcuni Stati ritennero quindi di dover interrom-
pere le relazioni diplomatiche, ufficiali o ufficiose, con la Santa Sede. Venuto
meno il riconoscimento internazionale del Magistero della Chiesa e prevalendo
invece il concetto, di derivazione machiavellica, che la sovranità legittimi in
ogni modo l’azione dello Stato, le discussioni sulla «guerra giusta» furono ac-
cantonate e il diritto internazionale confinò la sua opera a definire lo jus in bello.
Nel 1915 il filosofo Benedetto Croce scriveva che la «guerra scoppi o no, è tanto
poco morale o immorale quanto un terremoto» . La Chiesa poteva solo pregare
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Dio che allontanasse il flagello della guerra, «null’altro essendoCi presentemen-
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te consentito», aveva detto Pio X . Questa situazione non impediva che si ten-
tasse di “arruolare” il Papa a proprio favore: «tutte le ambasciate e le legazioni
accreditate presso il Papa sono là per tenerlo in riga», scriverà verso la fine della
guerra un diplomatico britannico .
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Anche chi a fatica ammetteva che la Santa Sede dovesse essere “imparziale”,
riteneva però che ciò non le dovesse impedire di pronunciare condanne “mora-
li”, poiché, come scrisse il cattolico primo segretario della missione diplomati-
7 Cfr. PAOLINI, op. cit., pp. 341-410 e la raccolta di documenti, Il Vaticano e la guerra. Iniziati-
ve diplomatiche umanitarie di indole generale del S. Padre Benedetto XV, a cura di QUIRICO
G. S. I., Roma, 1921 (ristampa anastatica, Città del Vaticano [2014]).
8 LAUNAy, op. cit., p. 35. Tra i prigionieri dei quali il Vaticano fornì notizie vi fu il figlio di
Francesco Saverio Nitti, ministro del Tesoro italiano nel governo Orlando.
9 CHENAUX P., Pio XII. Diplomatico e pastore, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004, p. 110.
10 CROCE B., Pagine sparse, Serie seconda, Pagine sulla guerra, raccolte da CASTELLANO
G., Ricciardi, Napoli, 1919, pp. 86-87.
11 Lettera Libenter dell’11 giugno 1911 al Delegato Apostolico negli Stati Uniti, Mons. Diomede
Falconio, in La guerra moderna, cit., p. 84.
12 Memorandum di John Duncan Gregory, già primo segretario della missione presso la Santa
Sede e poi in servizio al Foreign Office a Londra, The Vatican, the British Mission to the Vati-
can and the Attitude of Roman Catholics towards the War, 30-11-1917, The National Archives
of the United Kingdom – Londra [TNA], Foreign Office General Correspondence [FO 371],
3086.