Page 282 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
P. 282

282                                             il 1918. la Vittoria e il Sacrificio



             no i resti mortali di un Caduto, secondo procedimenti di selezione opportuna-
             mente studiati con la logica di renderli rappresentativi di tutto l’universo di sof-
             ferenza ed eroismo legato ai Caduti. E’ il caso dell’arc de Triomphe a parigi e
             della Tomba del Milite Ignoto a Roma. In altre Nazioni, come l’Inghilterra, oltre
             al monumento già esistente, tale compito fu assolto da monumenti essenziali
             come il Cenotafio di Londra (ossia monumento sepolcrale privo dei resti mortali
             della persona in onore della quale è stato eretto), caratterizzato da forme geome-
             triche proporzionali e ben studiate, che attraggono e stimolano la contemplazio-
             ne del visitatore e che, pur non contenendo i Resti dei Caduti, rappresenta un
             luogo di commemorazione essenziale, una forma su cui ognuno può incidere i
             propri pensieri, i propri sogni e la relativa malinconia. Ma nei monumenti ispira-
             ti al ricordo dei Caduti si volle anche esprimere in molti casi la realtà “antieroi-
             ca” della guerra, il dolore, pur composto, dei genitori di fronte alla perdita di un
             figlio, tragedia che quasi ogni famiglia aveva vissuto durante le vicende belliche;
             ad esempio in Germania l’artista Kathe Kollwitz, che aveva perso un figlio, ave-
             va eretto un monumento semplice ma significativo all’ingresso del Cimitero di
             Guerra Tedesco di Roggevelde nei pressi di Vladslo nel Belgio Fiammingo. Tale
             monumento raffigura una madre accovacciata e un padre prostrato in ginocchio,
             in corrispondenza della tomba del figlio ucciso nell’ottobre del 1914 (la reale
             tomba). Non esiste un monumento al dolore per questa perdita più toccante di
             questa semplice scultura in pietra di due persone inginocchiate davanti alla tom-
             ba del figlio; secondo quanto voluto dalla stessa Scultrice, l’opera non riporta la
             firma  dell’artista,  nessuna  indicazione  di  proprietà,  nessuna  collocazione  nel
             tempo o nello spazio, soltanto tristezza, la tristezza universale di due persone
             adulte circondate dai morti, come da uno stuolo di bimbi scomparsi. Questa im-
             magine è migliore di qualsiasi altra cosa per esprimere l’angoscia dei genitori
             che hanno perso il proprio caro, come ebbe a rilevare un apprezzato scrittore
             visitando il luogo in una giornata di pioggia, osservando le gocce che rigavano la
             nuda pietra e scorrevano malinconicamente lungo le due statue, sì immobili, ma
             sempre sofferenti. piegate sulle ginocchia, le due statue fanno pensare a una fa-
             miglia che ci comprende tutti, il momento più intimo qui è anche il più universa-
             le. I monumenti trasmettono quindi, oltre ad una realtà eroica del Caduto, pur
             nella dovuta compostezza tesa a trasmettere una ferma serenità nell’assolvimen-
             to del proprio dovere al servizio della Nazione, una realtà intima, direi profonda-
             mente cristiana, che esprime anche il dolore per la perdita subita. E allora quale
             è il messaggio che i monumenti ai Caduti e la conseguente mitologia tramettono
             ai giovani e ai meno giovani che li visitano e soprattutto ai militari? E qui ci
             viene in soccorso per analogia il filosofo danese Soren Kierkegaard nella sua
             opera “Timore e tremore”: abramo che riceve da Dio l’ordine di uccidere e sa-
             crificare il proprio figlio deve sacrificarlo rispondendo così alla sua ferma fede
             personale in Dio anche se tale norma contrasta con la morale collettiva che pre-
   277   278   279   280   281   282   283   284   285   286   287