Page 280 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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280 il 1918. la Vittoria e il Sacrificio
a livello psicologico collettivo, il superamento del lutto e della perdita irrepara-
bile attraverso la lettura della morte in guerra come morte sacrificale. I Caduti
non muoiono definitivamente ma vengono inseriti nel ciclo infinito di “sacrificio
– resurrezione – redenzione dei vivi”, che sublima il sacrificio stesso dei Caduti
e gli conferisce il più alto senso morale. In definitiva entra in gioco la spiritualità
cristiana che permea tutta la società europea, per superare il lutto e la perdita ir-
reparabile e dare un senso all’integrazione dei Caduti nella comunità dei vivi.
Questo bisogno sarà talmente forte che travalicherà la spiritualità cristiana vera
e propria e darà origine anche a tentativi di integrare i Caduti con forme più o
meno varie di spiritismo. Tale fenomeno non sarà certo frutto di ignoranza o
superstizione ma espressione di una necessità drammaticamente ed intensamente
presente nella società, tanto da essere espressa da personaggi famosi, quali Sir
arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, e lo scrittore Rudyard Ki-
pling, premio Nobel per la Letteratura nel 1907. La letteratura di trincea e finan-
co la filmografia dell’epoca esprimono tale inquietudine e necessità, ad esempio
lo scrittore tedesco Walter Flex nei suoi libri sull’esperienza del conflitto parago-
nò la guerra all’Ultima Cena. Cristo si rivela in guerra e dunque la guerra mede-
sima è una strategia attraverso la quale Cristo illumina il mondo. La morte sacri-
ficale dei migliori del nostro popolo è soltanto una replica della passione di
Cristo e la passione conduce alla Resurrezione. Nel suo “Weihnachtsmarchen”
(Racconto di Natale) che lesse ai soldati del suo reggimento di prima linea alla
vigilia del Natale del 1914, Walter Flex narra di una vedova di guerra che per
disperazione si annega insieme con il figlio. Ma i due sono resuscitati alla vita da
un incontro con gli spiriti dei soldati caduti. La resurrezione personale prefigura
la più generale missione affidata ai Caduti: la redenzione della Nazione. Nel
1926 Roland Dorgeles pubblica “Le reveil des morts” nel quale i morti risorgono
e vengono a controllare se qualcosa nel mondo dei vivi è cambiato, se hanno
presso coscienza della follia della guerra e se il loro sacrificio è servito a qualco-
sa. Scoprono che non è cambiato niente e il corteo dei cadaveri infuriati assedia
parigi quasi a reclamare vendetta, la catarsi assume la dimensione della presa di
consapevolezza e nel romanzo l’elaborazione del lutto degli anni ‘20 si trasfor-
ma in un atto di condanna. Il regista francese abel Gance nel suo splendido ed
impressionante film sui Caduti che è “J’accuse”, immagina che i Caduti risorga-
no nei pressi di un villaggio della Francia, in una drammatica e potente scena, e
si dirigano verso il villaggio, convertendo con la loro stessa vista gli abitanti ad
una vita più giusta, senza malvagità o eccessi. Tali espressioni dell’arte, tra cui le
opere dello scrittore e giornalista francese Henri Barbusse, fanno spesso riferi-
mento a scene dell’apocalisse, a richiamare un giudizio sulla civiltà nel suo in-
sieme e non solo sull’incapacità di qualche leader. Infatti, la partecipazione alla
tragedia è corale, nessuno è escluso, in particolare vengono stigmatizzati i leader
politici che hanno voluto la guerra, come nelle parole di Henri Barbusse riporta-