Page 289 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             cosiddetto «problema navale italiano» hanno sempre incentrato la questione sul-
             la necessità, o meno, dell’esistenza di una piccola o di una grande flotta da guer-
             ra e mercantile (ma, per esempio, negli anni sessanta del XX secolo l’urgenza era
             quella di ricostruire una flotta credibile e utile in tempi di guerra fredda). Ciò no-
             nostante, questi contributi non hanno mai messo in secondo piano l’importanza
             fondamentale, per la difesa anche della vita economica e sociale dell’intero pa-
             ese, dell’insieme di porti, arsenali e cantieri navali che oggi come ieri sono sta-
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             ti sempre i fondamentali luoghi di realizzazione di quelle flotte . Tanto che an-
             che molto prima della prima guerra mondiale la questione del potere marittimo
             dell’Italia era sentita in tutt’altra maniera dall’interno della Regia Marina stessa.
             Nell’ambito di quest’ultima, già dal 1871 e subito a seguire la questione della di-
             fesa costiera, delle piazzeforti e delle basi marittime principali e secondarie, dei
             luoghi della cantieristica in generale rivestirono un ruolo di primo piano alla pari
             con quello delle navi, del personale e della gestione del tutto in un’unica forza da
             battaglia in mare. In tutto questo e sempre nel caso specifico della prima guerra
             mondiale, basi navali e infrastrutture a terra di vario tipo servirono da luogo di co-
             mando e controllo a tanti livelli, da ricovero, da trincea di prima linea e quant’al-
             tro alla Marina per tutto il periodo, a sviluppare per la prima volta nella storia del
             paese le proprie operazioni su tutte e quattro le dimensioni allora possibili dello
             spazio della battaglia: sopra e sotto il mare, per terra e in aria.
                per raccordare tutto questo a come l’argomento di questo lavoro è stato in pas-
             sato ed è  affrontato tutt’ora da altri paesi e a tutt’altre scale territoriali da quelle
             di competenza dell’Italia tra 1914 e 1918, se piazzeforti marittime e basi navali
             in genere non avessero avuto e non avessero - in assoluto – un ruolo fondamen-
             tale nella gestione del potere marittimo in generale, oggi – in un quadro di pro-
             blemi geostrategici a scala globale e di mentalità operative a carattere sempre più
             «joint», non più mirate solo all’azione di una singola forza armata – sarebbero
             forse inspiegabili fatti e luoghi chiave della storia militare, la passata e la più re-
             cente. Tra i tanti, ricordo - per esempio - la conquista statunitense di Iwo Jima
             all’Impero del Sol levante nel 1945. ancora adesso quell’isola è uno scalo aereo
             fondamentale per il controllo del mar del Giappone; sulle sue spiagge, dove sbar-
             carono allora, i Marines degli USa si addestrano ancora adesso). Un caso simile,
             ancora per esempio, è quello (nella storia ancora più vicina) della base aeronavale
             sempre statunitense di Diego Garcia, realizzata nel vuoto dell’oceano tra l’afri-
             ca e il subcontinente indiano, in un luogo in apparenza impossibile. In un tempo
             come quello attuale, di capacità tecnologiche di proiezione delle forze a distanze
             intercontinentali, questa è uno scalo fondamentale per le guerre terrestri, navali e
             aeree verso quei continenti, oltre che fondamentale stazione lungo l’equatore del
             «Global positioning System» satellitare nello spazio fuori dall’atmosfera.


             3   SpIGaI VIRGILIo, Il problema navale italiano, Roma (1963), Forum di relazioni internazio-
                 nali, 2003, pp. 44-49.
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