Page 100 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
soltanto per il reato di associazione per delinquere. Con la stessa sentenza venivano
assolti per insufficienza di prove alcuni gregari del Navarra (Roffino Giuseppe, Fer-
rara Innocenzo, Ferrara Pietro) imputati di essere stati gli esecutori, su mandato del
capo, dell’omicidio del noto e famigerato Collura Vincenzo, ucciso in Corleone il
24 febbraio 1957. Il Pubblico Ministero appellò la sentenza e la Corte di Cassazione
rinviò il giudizio di secondo grado alla Corte di Assise di Appello di Bari che, con
sentenza del 23 dicembre 1970, condannò il Leggio Luciano alla pena dell’ergastolo
per il duplice omicidio; lo stesso Leggio Luciano, Leggio Leoluca, Leggio Francesco,
Bagarella Calogero, Provenzano Bernardo, Riina Salvatore e Riina Giacomo, alla
pena di anni 5 di reclusione per associazione per delinquere. Comminò a Leggio
Luciano anche altre pene per reati minori.
È di grande rilievo il fatto che, nel corso del dibattimento di primo grado, si constatò
96 che i frammenti di vetro da fanaleria rinvenuti sul posto il 2 agosto 1958 e ricono-
sciuti a una prima perizia come appartenenti a vettura Alfa Romeo 1900 super, dello
stesso tipo cioè di quella di proprietà di Leggio Giuseppe, erano stati sostituiti da altri
nello stesso reperto giudiziario (n. 23565). I giudici non mancarono di farlo notare in
sentenza, osservando testualmente: «Il reperto è stato sicuramente manomesso ed il
relativo procedimento penale instaurato dal Pubblico ministero si è chiuso purtroppo
con sentenza di non doversi procedere perché rimasti ignoti gli autori del reato: non
si è potuto accertare neppure dove e quando sia avvenuta, ma che sia avvenuta la
manomissione non può revocarsi in dubbio. Né deve meravigliare il fatto che i sigilli
erano integri e le firme autentiche, perché una organizzazione criminosa potente
ed operante come quella di Corleone non si arrestava certo dinanzi a tali ostacoli.
Il colpo di scena, sollecitato e voluto dagli imputati, che hanno chiesto il richiamo e
il riesame dei reperti, si è risolto in loro favore, avendo suscitato dubbi e perplessità
nella Corte. La gravità dell’episodio dispensa da ogni commento!».
Ma la guerra tra il gruppo di Navarra e quello del Leggio non finì con la morte del
primo. La cosca del Navarra rappresentava la vecchia mafia agraria e feudale, ar-
roccata su posizioni di potere che avevano le loro radici da una parte nel latifondo e
nella statica economia della terra e dall’altra nei legami con la politica e l’apparato
amministrativo pubblico (e lo confermano i numerosi incarichi del Navarra mede-
simo). La cosca del Leggio era invece espressione della nuova mafia dei ribelli, che
nati e cresciuti all’ombra della prima, insorgevano a un tratto contro i capi, dando
vita a gruppi di potere autonomi e indipendenti, che contrapponevano, a quelli tradi-
zionali, altri sistemi di sfruttamento, più dinamici e redditizi, abigeato, macellazione
clandestina, estorsioni, per tentare poi l’assalto alla stessa Palermo nel settore dei
mercati e dell’edilizia. Fu una lotta che si concretizzò in una catena di imboscate, di
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attentati, di assassini che dal 1958 al 1963 videro decine di vittime .
6. LO SCONTRO CON I CORLEONESI È SOLO RINVIATO
In poco più di 10 mesi, avviando una massiccia offensiva investigativa nei confronti
della cosca di Luciano Leggio, Carlo Alberto dalla Chiesa apre un conto, che re-
sterà sospeso per oltre 30 anni, con il sodalizio di criminali mafiosi corleonesi che,
circa due decenni dopo, ancorché dispregiativamente definiti «viddani», avrebbero
dato l’assalto armato alla mafia palermitana, preceduti da un’abile quanto proficua
manovra speculativa, condotta negli anni ’60, dal loro ambasciatore politico, Vito
15 Tratto dalla Relazione Pisanò della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle
mafie della VI Legislatura, costituita il 5 ottobre 1972 sotto la presidenza del Sen. Carraro.