Page 99 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
P. 99
Il comando del Gruppo Squadriglie Carabinieri di Corleone
oggetto, in un primo tempo, di appelli e di inviti, affinché desistesse dalla posizione assunta
e si mostrasse più sottomesso, e non è da escludere, dato lo svolgersi cronologico dei fatti,
che sulle prime, di fronte alla sua ostinazione, il Navarra abbia anche esitato a ingaggiare
un conflitto aperto, non fosse altro per non compromettere una posizione ormai di primo
piano in tanti settori. Poi, però, sia per timore del suo avversario, sia per non pregiudicare
il suo prestigio, si deve essere determinato a passare dagli avvertimenti all’azione. Si arriva
così all’attentato di Piano di Scala, verso il 23 o 24 giugno 1958, organizzato da Michele
Navarra contro il Leggio; alcuni individui armati e con il viso bendato facevano improv-
visamente irruzione, verso le ore sette del mattino, nei «bagli» e sparavano numerosi colpi
d’arma da fuoco in direzione di Leggio Luciano, Leggio Francesco, Leggio Leoluca e
Roffino Giuseppe che vi si trovavano riuniti. Il Leggio Luciano riportò solo una leggera
ferita di striscio ad una mano, gli altri restarono incolumi. L’attentato andò così a vuoto
e aprì definitivamente, tra il Leggio e il Navarra, un solco che avrebbe potuto chiudersi 95
14
solo col sangue .
La reazione non si fece attendere: a distanza di quasi due mesi, il 2 agosto 1958,
Michele Navarra fu ucciso, sulla strada statale 118, in località Sant’Isidoro della con-
trada Imbriaca di Palazzo Addano, mentre in automobile faceva rientro da Lercara
Friddi a Corleone. Insiemea lui veniva ucciso il dottor Giovanni Russo, occasionale
accompagnatore e vittima innocente. L’autovettura su cui viaggiavano i due veniva
rinvenuta in una scarpata sottostante la strada; a bordo, erano i cadaveri crivellati di
colpi, uno dei quali, quello del dottor Russo, ancora al posto di guida. La carrozze-
ria presentava numerose tracce di proiettili da tutti i lati, con i vetri e il parabrezza
in frantumi; nella parte anteriore destra aveva subito una collisione recente. Sulla
carreggiata furono repertati una pistola calibro 38 e vari bossoli di calibro diverso,
alcuni dei quali simili a quelli rinvenuti nel cortile di Piano di Scala dove si era svolto
il conflitto a fuoco del precedente maggio fra gli assalitori del Leggio e gli uomini
di costui. Numerosi frammenti di vetro rosso – che una perizia tecnica accertava
appartenere a un catarifrangente posteriore montato esclusivamente sulle autovet-
ture «Alfa Romeo 1900 super» – portavano a ritenere che l’autovettura del Navarra
fosse venuta a collisione con una macchina di tale tipo, che probabilmente le aveva
sbarrato il cammino. Si accertava subito che Leggio Giuseppe, intimo del Luciano,
era proprietario di un’Alfa Romeo 1900 super, targata PA 31500, da lui acquistata
un mese prima; la macchina non veniva rinvenuta e il giovane Leggio dichiarava
che gli era stata rubata circa 8 giorni prima del 2 agosto. Senonché, da una parte,
egli non aveva mai denunciato il furto ad alcuno e, dall’altra, una contravvenzione
per infrazione stradale contestata a Leggio Giuseppe alle ore 21,45 del 1° agosto in
Palermo, comprovava che quanto meno fino a poche ore prima del fatto il Leggio
Giuseppe era ancora in possesso dell’auto. Lo stesso Leggio Giuseppe, inoltre, invi-
tato a indicare come avesse passato il pomeriggio del 2 agosto, dava varie risposte; e
precisava, da ultimo, di essersi trattenuto al cinema Nazionale di Palermo: il locale,
però, era quel giorno chiuso per restauro.
Per il gravissimo episodio del 2 agosto venivano rinviati a giudizio Leggio Luciano
e Leggio Giuseppe. La Corte di Assise di Palermo, con sentenza 23 ottobre 1962, li
assolveva entrambi per insufficienza di prove, condannandoli (anni 5 di reclusione)
14 Per tale episodio comparvero dinanzi alla Corte di Assise di Bari, per rispondere di tentato
omicidio, soltanto Vintaloro Angelo, Mangiameli Antonino e Maiuri Antonino, essendo stati
uccisi dalla vendetta del Leggio prima del giudizio il Navarra e gli altri suoi gregari che vi avevano
partecipato: Marino Giovanni, Marino Marco, Maiuri Pietro, Streva Francesco Paolo e Governali
Antonino. I tre superstiti vennero assolti con formula piena con la discussa sentenza del 10 giugno
1969. La sentenza venne appellata dal Procuratore della Repubblica di Bari e dal Procuratore
Generale presso la Corte di Appello della stessa città, che, con sentenza del 23 dicembre 1970,
assolse gli imputati per insufficienza di prove.