Page 255 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Il Nucleo Speciale di Polizia Giudiziaria di Torino
che gli chiede espressamente di conoscere i motivi di tale decisione. Il Generale
riferisce:
[…] Comunque, quando venne sequestrato il dottor Sossi e seppi che la Cassazione asse-
gnava alla Procura Generale di Torino il compito di conoscere e di condurre le indagini,
fui io stesso a suggerire al Centro la costituzione di un Nucleo ad hoc che si interessasse
soltanto a quel caso (che ormai era stato denunciato con la paternità delle BR, poiché
queste se l’erano assunta), dal Centro venne condivisa l’idea e venne costituito un Nucleo
presso il Comando della Brigata che io allora reggevo a Torino (eravamo nel maggio e
che era competente a conoscere anche la Liguria, oltre che il Piemonte e quindi aveva
giurisdizione e competenze più facili da seguire anche attraverso i Comandi normali).
Lo stesso fece la Questura, che organizzò un altro Nucleo pressoché analogo, a livello
di Questura con a capo il Questore Santillo di Torino. Poi Santillo venne chiamato al 251
Servizio di Sicurezza a Roma […] il Nucleo che era stato costituito presso la Questura di
Torino venne un po’ non dico frantumato, ma immiserito negli scopi che si era proposto
ab initio, cioè seguire da vicino la vicenda delle BR come responsabili del sequestro Sossi
[…]. Il Nucleo che dipendeva da me rimase, e rimase con un assetto che io concepii
su 7 Ufficiali e 33 Sottufficiali, che il Comando Generale mi assegnò in parte rilevati
nell’ambito della Brigata che comandavo, in parte ricevuti in prestito da Milano e altre
zone, per avviare questa indagine specifica contro le BR e in funzione particolare del
sequestro del magistrato Sossi. Naturalmente impostai un lavoro diverso da quella che
era la normale indagine di Polizia Giudiziaria, impostai la ricerca di tutto quello che
poteva essere concepibile a livello di scheda, per esempio, dei singoli latitanti che ci
eravamo divisi dieci noi e dieci la Questura. Di questi dieci che erano stati dati a noi
nella divisione comune, concordata, realizzai delle schede che effettivamente portavano
ad esaltare non solo lo studente che aveva come compagno di università Tizio o Caio, i
vari parenti dove erano distribuiti, il testimone di nozze dove si poteva trovare. Allargai
al massimo sia nel settore maschile che femminile tutti gli indirizzi possibili, immagina-
bili, per giungere a trovare i latitanti; perché per la maggior parte si trattava di latitanti,
ed erano quelli che si erano sottratti in parte alla magistratura di Milano quando era
intervenuta, in parte erano quelli messi in libertà per insufficienza di indizi o per altri
motivi. È certo che esisteva un gruppo su cui continuare a cercare, ma esisteva anche
il metodo, il sistema. Quindi, non solo perché l’informazione fosse ampia nell’aiutare
la ricerca, ma anche in quello che ho poi applicato in pieno nell’attuale organismo, nel
più recente organismo, cioè quello della riservatezza, della flessibilità, della mobilità,
della mimetizzazione. E questi uomini, mi si passi l’espressione, si acculturarono in
proposito. E avuti in prestito da Milano tornarono anche a Milano avvicendandosi nel
tempo con nozioni che servirono a migliorare la situazione anche su Milano […] Al
termine di un anno, questo Nucleo era depositario di un patrimonio culturale diverso da
quello di tanti altri reparti. Quando, con la scoperta del covo dove era stato trattenuto
il Dottor Sossi, si era conclusa, praticamente, l’indagine relativa al Dottor Sossi, non so
chi a Roma suggerì che questo Nucleo sarebbe dovuto passare tutto a Milano. L’unica
cosa che riuscii a fare, proprio perché conoscitore di una situazione più ampia, fu di
suggerire con una certa energia che era un errore sprecare del Personale così pregiato
trasferendolo da una città ad un’altra e basta. E proposi che di questi quaranta uomini
otto venissero destinati a Milano, otto a Roma, otto a Napoli, due a Genova, perché
intorno a questi uomini così distribuiti, si potessero realizzare dei nuovi Nuclei e, quindi,
si potesse educare, istruire altri colleghi e far fronte al fenomeno che, ormai, era chiaro
interessava tutto il Paese. E direi che sotto questo profilo non è mancata l’Arma, che
effettivamente, di lì a qualche tempo, costituì delle Sezioni speciali, per far fronte al
terrorismo, inserite nei reparti operativi delle singole città più intensamente esposte al