Page 9 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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GIUSEPPE                                                                             PREFAZIONE
                CAVO DRAGONE

















                                              Sono trascorsi 40 anni da quella tragica sera del 3 settembre 1982 quando, poco dopo   5
                                              le ore 21, in via Isidoro Carini, il Prefetto di Palermo, Gen. C.A. Carlo Alberto dalla
                                              Chiesa, la sua seconda moglie, Emmanuela Setti Carraro e l’Agente della Polizia di
                                              Stato, Domenico Russo, furono colpiti a morte da un commando di sicari mafiosi.
                                              Attraverso quest’opera storiografica della collana editoriale dello Stato Maggiore
                                              della Difesa, promossa dal Ministero della Difesa e patrocinata dal Ministero delle
                                              Politiche Giovanili, finalizzata alla pubblicazione di un volume documentale dal
                                              titolo “CARLO ALBERTO DALLA CHIESA – Soldato, Carabiniere, Prefetto”,
                                              si è voluto affermare, ancora una volta, la straordinaria grandezza di un Servitore
                                              dello Stato, la cui vita ha scandito, e per alcuni versi contribuito a condizionarli, i
                                              momenti più critici e decisivi della storia recente del Paese.
                                              Immensa è l’eredità morale e professionale che il Generale dalla Chiesa ci ha lasciato:
                                              un patrimonio valoriale inestimabile, una moderna capacità di leadership e di ge-
                                              stione manageriale delle risorse, un processo decisionale e di pianificazione operativa
                                              tuttora attuale, procedimenti d’azione inediti e determinanti per il conseguimento
                                              degli obiettivi assegnatigli.
                                              Posto di fronte a sfide inenarrabili, tali da far tremare le vene e i polsi a chiunque,
                                              Egli le affrontò con coraggio leonino, animato da un credo indefettibile nei principi
                                              etici e deontologici tipici del voler essere, fino in fondo, Carabiniere. Giammai accettò
                                              o tollerò qualsivoglia violazione o anche solo compressione del rispetto dei diritti e
                                              delle libertà fondamentali dei suoi antagonisti, anche quando costoro ne facevano
                                              scempio. Insegnò piuttosto ai suoi Uomini a studiare l’avversario per comprenderne
                                              motivazioni e scopi, fossero esse idealistiche velleità rivoluzionarie piuttosto che be-
                                              cere finalità di lucro criminale. Li spronò ad acquisire metodologie operative, ancora
                                              oggi in uso, che sfruttando la sorpresa e la riservatezza ad essa sottesa, li portò da
                                              un lato a disarticolare le Brigate Rosse e dall’altro a sgretolare il mito di impunità
                                              dei sodali di Cosa nostra.
                                              Il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa ci ha insegnato anche quanto sia importante,
                                              nella vita di un Uomo votato alle Istituzioni, la cura e l’attenzione verso la propria
                                              famiglia che, nel suo caso, si è sovrapposta, sino a identificarsi, alla grande famiglia
                                              dell’Arma dei Carabinieri. Egli è riuscito a trasmettere lo stesso affetto che provava
                                              per la sua prima moglie, Dora Fabbo, e per i suoi figli, Rita, Nando e Simona, anche
                                              ai familiari dei suoi Carabinieri, ai quali non faceva mai mancare premurose atten-
                                              zioni, soprattutto nei momenti più difficili. E che dire del tenerissimo legame che lo
                                              univa alla sua amatissima Dora, sua musa ispiratrice, ma anche sua confidente alla
                                              quale affidò gioie e dispiaceri e dedicò meravigliose lettere d’amore, anche quando
                                              Lei non c’era più.
                                              Anche nell’improbo incarico di Prefetto di Palermo, pur deluso da coloro che lo
                                              avevano richiamato in piena emergenza a Roma costringendolo a “lasciarsi indietro,
                                              con gli alamari, la giornata di Pastrengo”, ci ha mostrato con quale dignità e onore si af-
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