Page 12 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
P. 12
alessia a. glielmi
così recita un opuscolo che fu distribuito ai soldati dell’“Emilia” impiegati all’estero.
Erano le parole che avrebbero dovuto riecheggiare nella mente degli oltre mille
soldati affiliati al reggimento in caso di difficoltà. Erano le parole contenute in un
3
pieghevole dal titolo Eroismo e sacrificio, nel quale si ricostruisce la storia del reggi-
mento e si esalta lo spirito di coesione e armonia che avrebbe dovuto unire i soldati
in quella difficile esperienza. In effetti la metafora dell’abito nuovo era calzante per
chi, alla prima nomina, come il sottotenente dalla Chiesa, si trovava in territorio di
guerra prevedibilmente ostile. I soldati del 120°, destinati a Cattaro, si imbarcarono
partendo da Bari. L’impiego sarebbe stato uno dei più scomodi e insostenibili del
4
secondo conflitto mondiale, una guerra a parte, come la definiscono molti storici :
la guerra nei Balcani. L’«Emilia» fu destinato a operare, con compiti di presidio e
controguerriglia a Cattaro (Kotor) una città fortificata sulla costa adriatica del Mon-
8 tenegro, che sorge in una baia vicina alle scogliere calcaree del monte Lovćen, che
diverrà ben presto simbolo dell’occupazione italiana di quella regione. Dalla Chiesa
fu impiegato lì in maniera discontinua tra aprile e ottobre 1942, interrompendo la
permanenza a causa dell’avvio, in Italia, ad Alessandria, del corso da ufficiale di
complemento dei carabinieri. Mai, durante la sua lunga e complicata carriera, a
ridosso degli eventi o anche più tardi, aveva parlato o confidato a nessuno, l’iniquità
di quella brutta esperienza italiana, per lui la prima, quella dove si era fatto soldato.
Per comprendere meglio l’attività del reggimento e la breve esperienza montenegri-
na del giovane sottotenente occorre accennare, seppur brevemente e senza alcuna
pretesa di esaustività, alla situazione politico-militare in cui si svolsero gli eventi. Il 6
aprile 1941 iniziò l’invasione della Jugoslavia, per iniziativa delle potenze dell’Asse.
L’azione fu pianificata dalle forze tedesche sostenute da quelle italiane alle quali,
poco dopo, si sarebbero aggregati bulgari e ungheresi. Questi Paesi procedettero in
breve tempo alla spartizione dei territori dello Stato invaso e alla creazione di nuove
compagini territoriali. All’amministrazione italiana, che durò sino all’8 settembre
1943, fu assegnato circa un terzo dell’intero territorio jugoslavo e un quinto dei suoi
abitanti. Il regime fascista guadagnò così nuove «province italiane»: Lubiana, Spala-
5
to, e Cattaro , si assicurò l’ingrandimento di quelle già esistenti di Fiume e di Zara,
effettuò l’occupazione del Montenegro e l’annessione del Kosovo e di alcune altre
porzioni di territorio macedone . Dopo pochi mesi, si registrarono i primi episodi di
6
dissenso. A luglio 1941 ebbe inizio la sommossa contro gli italiani. Gli alti comandi
militari italiani riuscirono a riprendere il controllo della situazione nell’estate dell’anno
successivo attuando una dura repressione contro gli oppositori. Le conseguenze di
questi eventi furono funeste per le popolazioni locali, vittime di violenze sommarie
e deportazioni .
7
Per tutti, per i soldati e per la popolazione locale, la guerra non fu comprensibile.
3 Si riporta in appendice documentaria il frontespizio dell’opuscolo.
4 La citazione è tratta dal volume E. Aga Rossi – M.T. Giusti, Una guerra a parte. I militari italiani
nei Balcani 1940-1945, il Mulino, Bologna 2011.
5 La provincia di Cattaro, esistita dal 1941 al 1943, era una suddivisione amministrativa del Go-
vernatorato di Dalmazia. Fu istituita con regio decreto n. 453 del 7 giugno 1941. L’istituto fu poi
mantenuto in essere dalla Wehrmacht per un altro anno dopo la resa italiana e fino all’autunno
del 1944.
6 C.S. Capogreco, Una storia rimossa dell’Italia fascista. L’internamento dei civili jugoslavi (1941-1943), in
«Studi storici: rivista trimestrale dell’Istituto Gramsci», ISSN 0039-3037, a. 42, nº. 1, 2001, p. 228.
7 Alessandro Pirzio Biroli, che tra il 3 ottobre 1941 e il 20 luglio 1943, fu governatore del Monte-
negro, emanò direttive repressive nei confronti dei civili, utilizzando come mezzo per reprimere il
dissenso retate che prevedevano anche l’arresto di tutti gli uomini dai 16 ai 56 anni e la reclusione
di campi di internamento. Ca.S. Capogreco, op. cit.

