Page 15 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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L’invio sul fronte Montenegrino e la resistenza nelle Marche
dali. Per le postazioni di armi automatiche si prevedeva lo sfruttamento delle costruzioni
già esistenti. Era chiarissimo che il controllo del territorio rappresentava una delle grandi
preoccupazioni a fronte dei numerosissimi episodi di dissenso. Sempre sulla base della
costante necessità di controllo del territorio, anche durante il periodo in cui dalla Chiesa
permaneva in Montenegro, il 120° fu impegnato nel progetto di organizzazione delle
difese dei villaggi di Kumbor e Zelenika, nella difesa perimetrale di Kumbor (dove era
ubicata una polveriera) comprendente la difesa di tutti gli impianti della Marina e della
Aeronautica attraverso l’alloggiamento di un recinto continuo di filo di ferro spinato. Altri
lavori furono in seguito eseguiti per il miglioramento delle mulattiere di accesso alle varie
postazioni. Nei progetti vi era anche un collegamento telefonico.
Tra i compiti del reggimento di presidio del territorio merita una attenzione par-
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ticolare, anch’essa senza pretesa di esaustività, l’«organizzazione» del campo di
internamento di Forte Mamula , all’ingresso delle Bocche di Cattaro e del campo di 11
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Prevlaka, che in quel periodo fu allestito a due km da Punta d’Ostro Cattaro. Forte
Mamula, sorge su un isolotto situato all’ingresso di Boka Bay . Faceva parte di quel-
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la rete di campi gestiti dalle truppe italiane d’occupazione al quale erano destinati
soldati e civili dalmati, croati e montenegrini, oltreché un piccolo nucleo di cittadini
di religione ebraica. Creati alla fine di marzo 1942, i campi di internamento politico
di Mamula e Prevlaka costituivano un «sistema integrato» che avrebbe conservato
funzioni complementari sino alla capitolazione italiana del settembre 1943. Alla fine
di marzo 1942, allo scopo di effettuare il controllo sul territorio e sulla popolazione,
il VI Corpo d’armata offrì importanti e dettagliate informazioni sull’istituzione e
dislocazione dei due campi di internamento e prescrisse istruzioni per il trattamen-
to degli internati . Di lì a poco, furono recepite le «Norme per il funzionamento
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17 L’espressione è tratta da un documento datato 20 marzo 1942 avente a oggetto «campi di
internamento». Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano (Ussme), Seconda Guerra
Mondiale (1940-1945), Diari storici, b. 534, fasc. «155° Divisione Emilia».
18 Chiunque si avvicini al tema dell’internamento nei campi allestiti durante l’occupazione italiana dei
Balcani, non può non interrogarsi sulla teoria e la pratica dell’internamento. Come noto, la disciplina
dell’internamento trovò nella legge del 21 maggio 1940 l’attribuzione al Ministero dell’Interno delle
decisioni sulla costruzione dei campi. Il funzionamento era regolato da un piano predisposto per la Di-
rezione generale di P.S. grazie al quale fu creato un «Ufficio internati» con sezioni per italiani e stranieri.
I territori occupati dei Balcani facevano eccezione. L’internamento, di fatto, era controllato e gestito
direttamente dal Ministero della Guerra e quindi stabilito dalle truppe d’occupazione. Al fianco della
legge del maggio 1940, è ineludibile quindi la segnalazione del bando n. 143 del novembre 1942, sulle
«Disposizioni penali relative agli internati in campi di concentramento costituiti nei territori annessi»
firmato da Mussolini. Si riporta l’art. 1 «Le persone internate nei campi di concentramento costituiti
nei territori dell’ex-regno di Jugoslavia annessi al Regno d’Italia sono soggette alla legge penale militare
e alla giurisdizione militare». F. Goddi, «UN’ISOLA DI INTERNAMENTO: IL CAMPO FASCISTA DI FORTE
MAMULA (1942-1943), in Annali, Museo Storico Italiano della Guerra», n. 27, 2019. p. 63-93 reperibile
nel web: https://museodellaguerra.it/wp-content/uploads/2022/02/03.-Federico-Goddi_Il-campo-
fascista-di-forte-Mamula.pdf (ultima consultazione 12.2022).
19 All’ingresso della Boka Bay, si trova un’isola disabitata con una fortezza. L’isola si chiama Lastavica,
più conosciuta come Mamula. A causa della sua posizione isolata, la fortezza è stata utilizzata come
campo di concentramento in entrambe le guerre mondiali. Mamula e Prevlaka, anche se meno
note rispetto alle famigerate tende piantate nel campo di Arbe, si caratterizzarono generalmente
per le difficilissime condizioni di vita e la fame endemica vigente tra gli internati. Entrambi i campi
furono creati dal VI Corpo d’armata, con la circolare n. 1297 nel marzo 1942. Erano localizzati
in due luoghi strategici all’entrata nella Baia di Kotor (Bocche di Cattaro). Mamula guardava la
città vecchia di Herceg Novi, la penisola di Prevlaka segnava il confine con la Croazia meridionale.
Neđeljko Zorić, storico e diplomatico montenegrino, ha ricostruito il procedimento di internamento
a Mamula e Prevlaka, raccogliendo testimonianze tra gli ex internati che avevano un ricordo comune
sull’operato del servizio personale interno al campo. Ivi, pp. 81-83.
20 Sul documento esaminato, si legge «Prescrivo che: 1) Al forte Mamula siano avviati: a) i civili
d’ambo i sessi per i quali sia stato deciso l’internamento; b) gli ostaggi; 2°) Al campo di Prevlaka

