Page 20 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alessia a. glielmi
antitedeschi della popolazione. Nella relazione, inoltre, si fa ampio riferimento alle
bande di patrioti che si formarono alla macchia, a partire dall’8 settembre, che si
resero protagoniste di atti di sabotaggio, piccola guerriglia.
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Grazie agli approfondimenti storici curati da Marco Severino , docente e storico,
suffragati, dai dati che sono emersi dalla consultazione dello stato di servizio conser-
vato presso l’Archivio storico dell’Arma dei Carabinieri, si apprende che dalla Chiesa
giunto nella città rivierasca, prese alloggio presso una proprietà della famiglia Sorge.
Tutto si svolse velocemente, l’8 settembre fu proclamato l’Armistizio, dalla Chiesa,
come tanti, non esitò molto a decidere. Si rese interprete dei sentimenti antinazisti e
antifascisti della popolazione entrando nelle file dei resistenti. Lo fece, secondo alcune
fonti , con il nome di battaglia di «Vecchio» in stretta collaborazione con la brigata
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«Giustizia e Libertà» operante nel piceno e con il concorso della Banda Paolini.
16 La principale preoccupazione delle forze antifasciste e delle autorità militari locali
(carabinieri e finanzieri) fu quella di salvaguardare la popolazione preservandone
anche i mezzi di sostentamento. A San Benedetto, sin dall’Ottocento, era presente
una delle più importanti infrastrutture portuali situate sul mare Adriatico dedicata
alla pesca commerciale. La flottiglia sambenedettese, a cavallo della Seconda guerra
mondiale, era composta da oltre venti unità, per lo più motopescherecci che, se fossero
caduti in mano tedesca, avrebbero compromesso l’economia locale. Dopo l’entrata in
guerra molti motopescherecci sambenedettesi furono requisiti dal governo armati e
usati quali dragamine. Uno degli scopi più importanti della rete di protezione messa
in atto nella città era salvaguardare l’economia peschereccia ed evitare che le armi
sequestrate nelle caserme o presenti sui pescherecci finissero in mano nemica. Così,
tra il 12 e il 15 settembre, agendo di concerto con gli armatori, i patrioti e le auto-
rità, il tenente dalla Chiesa e il maresciallo maggiore dell’Arma Luciano Nardone,
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che, qualche mese più tardi, perse tragicamente la vita , requisirono le armi dalle
34 M. Severini, Intorno alla Resistenza marchigiana e fanese, cit.
35 Dichiarazione resa da Ernesto De Turris, farmacista, ex presidente del Cln di Acquaviva Pice-
na. La documentazione proviene dall’Archivio dei Carabinieri «Proposta per avanzamento per
meriti di guerra» nell’esemplare posseduto dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.
Il documento è riprodotto nell’appendice documentaria del volume. Archivio storico dell’Arma
dei Carabinieri, Pratica avanzamento Merito di Guerra, fasc. 442/3.
36 Il tragico episodio avvenne nel primo pomeriggio del 28 novembre 1943, attorno alle 15.30 nel
comune di San Benedetto del Tronto. Cinque o sei soldati tedeschi, a bordo di motocarrozzette,
si fermarono in piazza Roma, presso un deposito di proprietà della società Sadac, antistante la
Chiesa della Madonna della Marina, che conteneva generi alimentari destinati alla popolazione
civile. Approfittando delle porte sconnesse, a causa del bombardamento inglese del giorno pre-
cedente, i tedeschi entrarono nel magazzino e cominciarono a prelevare cassette piene di generi
alimentari: pasta, riso e scatolame vario. Il maresciallo maggiore Luciano Nardone, comandante
della locale stazione dei Carabinieri, avvertito di quanto stava accadendo, si recò da solo al deposito
ed affrontò i tedeschi ordinando loro di riconsegnare i viveri. I tedeschi, infastiditi dall’insistenza
del maresciallo, lo colpirono. Ne nacque una violenta colluttazione durante la quale il maresciallo
fu colpito alle spalle da una raffica di mitra esplosa da uno dei soldati tedeschi. Nel frattempo,
giungeva davanti al deposito anche il carabiniere Isaia Ceci che fu falciato da una seconda raffica
che lo colpì all’addome. Compiuta la loro razzia, i tedeschi si allontanarono in direzione nord,
verso Grottammare. I due carabinieri vennero soccorsi da alcuni passanti. Una volta giunti
all’ospedale civile, Nardone muore dopo poche ore; Ceci, invece due giorni dopo. Si riportano,
di seguito, cenni biografici e relativi alla carriera di Nardone e Ceci. Nardone raggiunse il grado
di maresciallo maggiore nel 1940. Nel corso della sua carriera si era trasferito in molte città:
Tripoli, Benevento, Pescara, Cerreto Sannita, Roma, Asmara, Teramo e Chieti. Giunse a San
Benedetto, per prendervi servizio nel febbraio del 1941, con la moglie Raffaella Recinto e i due
figli Francesca e Mario. Lì conobbe, collaborò e divenne amico del giovane tenente dalla Chiesa,
che era stato chiamato a comandare la tenenza di San Benedetto. Nel corso della carriera militare
riportò encomi nella lotta contro la delinquenza organizzata o come istruttore degli «zaptié» in
occasione di competizioni ippiche militari in Africa Orientale Italiana, nonché decorazioni come

