Page 14 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Ne consegue che le basi del disegno operativo generale debbono essere for-
mulate dal Governo.
Gli Stati Maggiori di ciascuna Forza Armata avranno così gli elementi per
ricavare il disegno operativo particolare in base al quale compileranno i do-
cumenti necessari.
Le predisposizioni stabilite dal Governo in merito all'impiego coordinato
di tutti i mezzi disponibili risulteranno da un documento che chiameremo
«Piano di guerra» per distinguerlo dal progetto generale delle operazioni (ter-
restri marittime ed aeree), nel quale è previsto solamente l'impiego di cia-
scuna forza armata da parte del rispettivo Capo di Stato Maggiore».
Lo schema degli elementi costitutivi del piano di guerra indicati poi da Berti
può essere utilizzato a riprova dell'importanza del documentò finora ignoto per ri-
leggere quello ben noto, che conteneva realmente il piano di guerra del1940: la me-
moria del31 marzo inviata da Mussolini al Re, a Ciano ed ai Capi delle Forze Arma-
te. Dove si verificò un notevole cambiamento rispetto allo schema di Berti fu nella
concezione del piano («progetto») di operazioni di Forza Armata. Intanto, perché
nessun «progettò generale» fu mai compilato; ma soprattutto perché ad un certo
punto trovò realizzazione una diversa impostazione della preparazione dei piani del-
la quale si era fatto promotore il generale Alberto Pariani prima come Sottocapo
e poi come Capo di Stato Maggiore.
1127 maggio 1935, fu edito, infatti, il primo piano definito «di radunata» (che
portava il numero 9 della serie inaugurata nel dicembre del 1926) relativo ad una
guerra offensiva contro una grande coalizione austro-tedesco-iugoslava. Il piano,
che non comprendeva le disposizioni per la mobilitazione, inglobava quelle relative
alla copertura, ai servizi, alle informazioni ma era la "radunata" a rappresentarne
la «parte fondamentale». Ad essa, e soltanto ad essa, venivano affidate le sorti del
disegno strategico. Il 9 novembre 1934 con una comunicazione di servizio per lo
stesso Berti, divenuto Capo del I Reparto, Pariani aveva stabilito che i piani di ope-
razione si sarebbero chiamati «piani di radunata». Da questi si sarebbe passati alle
operazioni in base alla situazione. Ma siccome questa era «variabilissima» era inuti-
le fare piani di operazione per ogni ipotesi. Sarebbe bastato «Stabilire gli obiettivi,
studiare il terreno per mettere in evidenza le vie che possono farli raggiungere e concreta-
re una serie di studi «in maniera da potere poi» adattarvi sopra le operazioni». Due anni
dopo ebbe occasione di chiarire come il piano di guerra dovesse mettere a frutto
l'apporto dei piani di radunata mentre la funzione degli studi per determinate esi-
genze operative fu così definita nel dicembre 1938: «Ad ogni modo - scrisse al
generale Ubaldo Soddu, Sottocapo di Stato Maggiore alle Operazioni - occorre che
tutti si mettano bene in mente che i "piani" da noi elaborati non possono servire che
come elemento di orientamento per costringere tutti a valutare terreno, possibilità, tempi
ecc .... ma che /'"azione reale" sarà rispondente non a preconcetti di applicazione dei
piani stessi ma ai nuovi concetti di azione che scaturiranno in base alla situazione (poli-
tico militare) che avremo in caso di emergenza; situazione che farà scaturire gli "scopi"
da raggiungere e le "modalità" per attenerli in base ai mezzi che saranno disponibili».
Queste parole segnano la distinzione fra preparazione e azione dalla quale Pariani
faceva discendere quella fra necessità di avere il piano togliendogli proprio quel suo
essere strategico, che stava tutto nel ragionamento sui modi di impiego delle forze,
poiché da essi dipendeva l'apprezzamento di una armonica e convincente relazione
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