Page 18 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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assoluta alle  basi aeree.  Soltanto al  sesto,  settimo giorno di guerra l'armata aerea
             avrebbe battuto gli obiettivi terrestri. Il bombardamento di Parigi e Londra, «obiet-
             tivi di primaria importanza politica», era dato come eventuale perché subordinato
             ad analoga iniziativa presa da parte tedesca.  Nella edizione  1940 di questo piano
             non si ritrova più menzione esplicita di un ordine di priorità ma un aumento dei
             «sistemi» di obiettivi fino a dodici.  Essi andavano dalle basi aeree e navali alle co-
             municazioni stradali passando per gli impianti industriali, militari e di base, le cen-
             trali elettriche e le raffinerie, tutti bersagli di grande rilevanza economica che costi-
             tuivano a mio  modo di vedere la grande novità dell'impostazione del piano della
             primavera nel 1940 in quanto si a,ffiancavano alla controaviazione nel comporre un
             più grahde «sistema» di esclusiva pertinenza della  Forza Armata.
                  Ma la vera novità di questo periodo sta nella redazione da parte di Mussolini,
             in quanto Capo del Governo, della memoria che conteneva il piano di guerra. Pre-
             messe lontane e vicine dei suoi contenuti sono note.  Noterò qui soltanto come le
             d4'ettive di Mussolini fossero uguali a quelle contenute nel PR 12  II edizione del-
             l'Esercito; come contrastassero totalmente con quelle della Marina; come, somman-
             dosi ·alle oggettive difficoltà della controaviazione (indotte da ragioni militari e poli-
             tiche assieme), la subordinazione delle operazioni aeree a quella delle altre due For-
             ze  Armate annichilisse ogni residua potenzialità strategica della Forza Armata -
             col disciplinato consenso del suo responsabile, generale Pricolo. Inoltre ripeterò una
             considerazione già svolta circa l'emergere nella strategia terrestre di una forma indi-
             retta  in  cui  le  operazioni  di  guerra  avevano  il  fine  di  una  coercizione  politico-
             diplomatica più che militare,  fortemente indebolita però:
             a)  dal rifiuto di collaborare militarmente con l'alleato;
             b)  dall'aver affidato le speranze di una guerra «breve» ad un uso limitatissimo delle
             · . forze  militari terrestri;
             c)  dal non aver rilevato l'estrema divaricazione fra quest'uso e quello illimitato e si-
                curamente dispendioso delle forze navali e di quelle aeronautiche destinate a so-
                stenerle, dal momento che tra gli obiettivi della guerra compare, credo per la pri-
                ma volta, quello di natura militare rappresentato dalla distruzione delle forze del-
                l'avversario, siano esse la flotta inglese o le forze aeree francesi schierate in Corsi-
                ca, obiettivo di una contrastatissima azione di controaviazione.

                  Né la pianificazione operativa,  né le scelte strategiche di fondo  cambiarono
             quando a fine  maggio venne il  tempo della guerra voluta;  malgrado  uno dei due
             membri  della  coalizione  fosse  strategicamente  anche  se  non  tatticamente,  fuori
             combattimento.
                  Con la guerra guerreggiata terminava però il regno relativamente tranquillo del
              piano, e della previsione che il piano riassumeva, e si entrava in quello agitato della
              tirannica immediatezza di scelte che si imponevano sulla base degli esiti - subito
              negativi - dello scontro armato. Ma quelle scelte improvvise e contrastanti operate
              da Mussolini per imporre l'offensiva prima, e a più riprese,  sul fronte  alpino,  poi
              su quello cirenaica dopo decenni. di pianificazione difensiva obbedivano ancora a
              determinanti puramente politiche. Guadagnare tempo e impegnare almeno le forze
              nemiche erano obiettivi di guerra minimali, buoni per una guerra che poteva finire
              da un momento all'altro.  Il conseguimento di questi obiettivi ebbe costi altissimi,
              non solo, 'e non tanto, sul piano materiale, quanto proprio su quello politico. In caso
              di successo i vantaggi sarebbero stati scarsi data la ridottissima entità delle «conqui-

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