Page 14 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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14 PIERLUIGI BERTINARIA
Occorre sottolineare che la morfologia del terreno tunisino - da una
parte - e le carenze addestrative ed operative dello strumento militare
statunitense, ancora in rodaggio- dall'altra- vanificarono l'enorme su-
periorità di mezzi degli alleati. Terreni ad elevato coefficiente di attrito,
soprattutto nella prima e seconda battaglia di Enfidaville, consentirono
sovente di spiazzare la stessa 8 a Armata di Montgomery e di farne cadere
gli attacchi nel vuoto.
Fu la campagna di Tunisia la più bella combattuta dal soldato italia-
no, a dimostrazione del fatto che con una maggiore provvidenza e previ-
denza la strategia dispersiva di governo avrebbe potuto essere compensata
da rendimenti operativi gran lunga superiori e sicuramente meno cruenti.
È dimostrato, d'altronde, che gli stessi britannici stupirono di fronte
alla l a Armata italiana, tanto da riscuotere la stima; stima che sarà san-
zionata dopo l'armistizio, attraverso l'elevazione in blocco dei suoi vertici
militari: Messe, Capo di Stato Maggior Generale; Taddeo Orlando- Co-
mandante di uno dei corpi d'armata - Ministro della Guerra, e Paolo
Berardi - Comandante dell'altro corpo - Capo di Stato Maggiore
dell'Esercito.
Sta di fatto, comunque, che le dure lezioni non servirono granché
agli alleati, legati più ai concetti di guerra dei materiali e anchilosati dal
loro stesso superbo potere produttivo, che non a quella flessibilità mano-
vriera che - con lo strapotere aeronavale - avrebbe loro consentito di
sfruttare al meglio i loro punti di forza in quella insipiente catena di erro-
ri che fu la Campagna d'Italia, dove vennero tenuti in scacco per più di
due anni da forze tedesche di second'ordine superiori a loro nel rapporto
di 5 a l .
Peraltro, nonostante tutto, il 17 maggio 1943 il primo convoglio bri-
tannico superava il Mediterraneo senza subire attacchi. Ma ora, più della
crisi militare, su tutto sovrastava la crisi politica da cui l'Italia era investi-
ta. Con la perdita delle isole di Pantelleria, di Lampedusa e di Linosa a
metà giugno, il territorio dell'Italia meridionale veniva a trovarsi in pri-
ma linea. Non soltanto su questa, ma su tutta l'Italia si allungava l'ombra
minacciosa della guerra indiscriminata contro un paese, a differenza della
Germania, totalmente indifeso.
Sarà il paese, soprattutto, a soffrirne: schiacciato sotto il peso di
occupanti falsamente liberali che intenderanno punire l'Italia per i suoi
trascorsi, e stretto nella morsa coercitiva, crudele e implacabile di altri op-
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