Page 256 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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254 IL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI
ne che il concetto operativo del Ritucci, a suo tempo esposto, doveva neces-
sariamente condurre i borbonici all’insuccesso: l’attacco frontale, destinato a
favorire l’aggiramento, richiedeva sorpresa, coordinamento delle varie azioni
e una differente dosatura delle forze incaricate dell’azione principale e di quel-
la dimostrativa. Garibaldi stesso, rivelando, anche a questo proposito, un acu-
to senso del terreno e della guerra, lasciò scritto che ben altre sarebbero state
le conseguenze dell’offensiva nemica, se gli avversari lo avessero impegnato
con deboli forze dinanzi a Capua, per preponderare verso Maddaloni.
La necessità di far fronte contro tutte le direzioni pericolose per il suo
schieramento costrinse Garibaldi a dislocare le sue forze non considerevoli su
vastissimo fronte e qualche «esperto del dopo» gliene fece appunto.
Ma, a parte il fatto che lo svolgimento della battaglia gli dette pienamen-
te ragione, poiché tutti i suoi elementi furono attaccati e, con particolare ac-
canimento, le estremità di entrambe le ali, è doveroso ammettere ch’egli non
poteva prevedere che il nemico avrebbe concentrato la massa delle sue forze
verso S. Angelo e S. Maria.
Ed è indubbio, del pari, che se il generale avesse addensato l’aliquota mag-
giore dei suoi verso il settore che stimava più delicato - quello di Maddaloni
- attribuendo al nemico il disegno più logico, sarebbe stato in sofferenza di-
nanzi a Capua, dove il combattimento prese grandi proporzioni e furono, in
definitiva, decise le sorti della giornata.
D’altro canto, egli disponeva di una riserva, opportunamente situata in
posizione centrale, e perciò in misura di accorrere verso il punto minacciato
o pericolante, e furono proprio le truppe del Türr che, contenuto il nemico,
vennero, per tempestiva decisione di Garibaldi, ad assicurare l’ulteriore dife-
sa di S. Maria e di là partirono, nel momento culminante dell’azione, al con-
trattacco che, dopo la lunghissima lotta, diede il tracollo alla tenacia borbo-
nica e rigettò le schiere dei regi verso le mura di Capua.
Entrambi gli avversari combatterono con valore. I borbonici avevano una
certa superiorità numerica, e più l’avrebbero avuta se avessero lanciato al di
qua del Volturno tutte le unità di cui potevano disporre. Superiori, inoltre,
erano indiscutibilmente per coesione, armamento, preparazione.
Difettarono, invece, i capi e non soltanto nel concepire il disegno e i par-
ticolari dell’azione, ma altresì nella esecuzione. Infatti le colonne del Perrone,
del Ruiz, del von Mechel operarono senza mantenere alcun legame coi vici-
ni, incuranti di quanto accadeva negli altri settori. Così fu possibile che la co-

