Page 254 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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252 IL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI
nemico. Occorre battere separatamente i contingenti borbonici, largamente
dispersi per la necessità di vigilare tutta la costa, prima ch’essi abbiano potu-
to riunirsi ottenendo la superiorità numerica.
Così la marcia su Reggio e la conquista di quella città, il concentramento
su Villa San Giovanni dei garibaldini sbarcati a Mèlito e di quelli approdati
nei pressi di Scilla, serrando in una morsa le truppe dell’infelice Briganti, si
compiono celermente, con la netta convinzione che ogni ritardo farebbe dif-
ficilissima la situazione dei volontari, mentre, non essendosi ancora propaga-
ta la notizia dell’avvenuto sbarco, le popolazioni attendono inquiete e timo-
rose il momento per levarsi a rivolta. Rapidissimi, del pari, gli spostamenti del-
le colonne, che convergono sui borbonici del Ghio, li accerchiano al passo di
Soveria, togliendo di mezzo l’ultimo avanzo dell’esercito regio della Calabria.
Garibaldi è ormai dinanzi a Salerno.
Voci concordi gli segnalano grossi concentramenti di nemici attorno a ta-
le località ed egli è preoccupato, più che non lo lasci scorgere, dal prossimo
urto che sembra inevitabile. Ma un’abile combinazione di movimenti terre-
stri e marittimi, che gli ha consentito, durante tutta la marcia, di aver sempre
sottomano la maggior parte delle forze, gli farà trovare anche domani a Sapri
il nerbo della sua armata, brillante operazione logistica che gli darà modo di
far massa sul nemico, se questi veramente vorrà attenderlo per dargli battaglia.
Una sola volta, in tutta la campagna, pare che la fortuna voglia abbando-
nare le armi di Garibaldi, e ciò accade fra il 19 e il 21 settembre sul Voltur-
no, quando Cattabene e Vacchieri sono battuti a Caiazzo e Csudafy è riget-
tato con gravissime perdite su Maddaloni, ma, come osservammo, le necessi-
tà politiche distraggono, in quei giorni, lo spirito di Garibaldi dalle cose del-
la guerra e, anzi, i gravi avvenimenti di Palermo lo allontanano dal campo. Di
più il suo esercito è in piena crisi, chè considerevole parte delle sue forze è
lontana per le esigenze di ordine pubblico.
Comunque la responsabilità di quegli insuccessi ricade esclusivamente su
chi tenne il comando in quei giorni e cioè sul generale Türr, il quale, secon-
do gli ordini ricevuti, doveva rimanere nella più stretta difensiva sulla sinistra
del Volturno, limitandosi a mandare distaccamenti sul tergo e sui fianchi del
nemico per molestarlo e, soprattutto, per fargli credere che i volontari voles-
sero intraprendere più di quanto erano in grado di fare.
Per certo, il Türr, valente soldato, nonostante quei disgraziati episodi, an-
dò al di là degli ordini del capo e, se il disegno di metter presidio in Caiazzo,

