Page 58 - Il sogno del volo - Dalla Terra alla Luna. Da Icaro all'Apollo 11
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ancora parecchia da compiere ma la direzione era ricca di
promesse! Fu proprio Leonardo a vagliare l’impiego della
vite come organo propulsivo diretto, senza alcun ulteriore
organo meccanico di presa.
Il concetto non era particolarmente astruso, essendo
ben noto lo spostamento di una vite rotante rispetto alla
sua madrevite fissa. Se il suo verme fosse stato sufficiente-
mente ampio la madrevite avrebbe potuto essere l’acqua
o l’aria in cui era immersa, determinando perciò lo spo-
stamento al suo girare. Nell’aria, per la verità, qualcosa di
simile si era già da secoli sviluppato: nei mulini a vento,
sebbene nessuno fosse in grado di comprenderlo. Le loro
pale inclinate corrispondevano ad altrettante settori di una
vite che il vento poneva in rotazione. Anche Leonardo ini-
zialmente non dovette rendersi conto di tale equivalenza,
tuttavia, come accennato, schizzò un singolare girarrosto
in cui la rotazione dello spiedo era prodotta da un’elica
mediante la rotazione di una vite era pur sempre un mo- a quattro pale ad asse verticale, collocata all’interno del
vimento, sarebbe stato possibile nella medesima maniera condotto fumario e fatta girare dalla corrente d’aria calda.
far avanzare o indietreggiare un carro, agendo sulle ruote. La somiglianza con una sezione di vite si faceva stringente,
L’idea fu espressa compiutamente da Francesco di Giorgio ma il passo successivo l’accentuò vistosamente.
Martini e, quindi, dallo stesso Leonardo. Di per sé non Forse volutamente, forse incidentalmente, Leonardo
può ritenersi una assoluta novità, giocandosi già da alcuni dovette notare che la suddetta ventola, cadendo, girava
secoli intorno a quel medesimo sistema: lo fu se mai per la grazie alla la resistenza dell’aria. Girava allo stesso modo,
sua corretta formulazione. In ogni caso si trattò del debut- per la stessa ragione e anche più velocemente, una leggera
to della vite nell’ambito dei trasporti: di strada ne restava spirale a forma di vite ad ampio verme. Classico gioco con
la buccia di un arancio: asportata a spirale, collocata con
il polo su di una punta posta su di una superficie calda,
questa prende a girare! Logico dedurne che ponendole
in rotazione entrambe, la seconda meglio della prima, si
sarebbero avvitate nell’aria ascendendo. Dall’osservazione
scaturì la celebre vite aerea che ognuno può scorgere tra
le sue mani nella grande statua dell’aeroporto di Fiumici-
no. La soluzione della vite, pur rappresentando un passo
indietro rispetto alla ventola a quattro pale, lascia conclu-
dere che ormai il concetto di avvitamento in un fluido era
stato maturato e che prima o poi avrebbe determinato del-
le conseguenze. Intorno alla metà del XVIII secolo, infatti,
quando si iniziò a trafficare con le mongolfiere e si tentava
in qualsiasi modo di dirigerne gli spostamenti trasforman-
dole in dirigibili, la famosa elica tornò alla ribalta.
In alto: divoricatore di epoca romana che utilizza la vite senza fine.
A fianco: veicolo semovente con trasmissione a vite senza fine, da un
codice di Francesco di Giorgio Martini.
Nella pagina a fianco: la vite aerea di Leonardo da Vinci, Manoscritto
B, f. 83 v.
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