Page 126 - Il Controllo del Territorio - da Federico II di Svevia all'Arma dei Carabinieri
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nell’istituzione o nel consolidamento di quelle dominazioni, di   rigidamente feudale. Unica connotazione residua la perma-
                  titolo e di raggio d’azione variabili, risulta una caratteristica co-  nenza nei comportamenti, pubblici e privati, dell’atavica
                  mune: l’azione esercitata, come punto di cristallizzazione, dai ca-  intraprendenza e aggressività. Ovvio, pertanto, che riuscis-
                  stelli […]. C’era sì la torre, a un tempo dimora del signore e ultimo   sero a unire: «alla abilità marittima degli scandinavi […]
                  ridotto della difesa; ma intorno a essa, uno o più recinti circoscri-  quanto allora si conosceva di arte di guerra della cavalleria
                  vevano uno spazio abbastanza vasto, dove si raggruppavano gli   e di arte poliorcetica […]. Nessuno, tra i sudditi nominali
                  edifici riservati sia agli alloggiamenti delle truppe, dei servitori,   del re di Francia, era potente come il capo di questa razza
                  degli artigiani, sia ai depositi di censi o di provviste […] e mai, in   forte e assimilatrice» . Non meraviglia, quindi, che in meno
                                                                                         4
                  seguito, l’idea che il diritto di fortificazione era, nella sua essenza,   di un secolo il ristretto territorio della valle della Senna
                  una prerogativa della potenza pubblica scomparve interamente   fosse ormai insufficiente per le ambizioni dei tanti rampolli
                  […]. Fatto ancora più grave: i re e i principi, impotenti a impedire   delle casate normanne. Ben presto molti di quei giovani,
                  la costruzione di nuove fortezze, non riuscirono meglio a con-  ampiamente dotati di capacità combattive, approfittando
                  servare il controllo di quelle che, dopo aver costruite essi stessi,   dell'endemico stato di belligeranza della cristianità, inizia-
                  avevano affidato alla guardia di fedeli, a titolo di feudi. 3  rono a offrirsi come mercenari sia ai potentati occidentali
                                                                       sia ai bizantini, cercando di ritagliarsi fortune e feudi sotto
                  In quel contesto, il processo di trasformazione dei rozzi   il caldo sole del Mediterraneo, in particolare in Italia.
               Vichinghi insediatisi in Normandia e definiti ormai cor-   L’insediarsi dei Normanni in Italia ebbe un andamento
               rentemente Normanni, fu straordinariamente rapido. Ba-  talmente dissimile da tutte le precedenti penetrazioni nordi-
               sti pensare che, abbandonato il paganesimo per il cristia-  che da non potersi in alcun modo equiparare a un’ennesima
               nesimo e il danese per il francese, già intorno al 940 tutti   invasione. Non consistette, infatti, in una calata in massa, né
               professavano il monoteismo e quasi più nessuno parlava la   in un unico episodio, ma si attuò attraverso modestissime
               lingua originaria: per il resto l’intera loro società appariva   infiltrazioni, numericamente insignificanti, in un arco tem-
                                                                       porale di circa mezzo secolo e, per giunta, interessò soltanto
                                                                       il Meridione prima e la Sicilia poi. In particolare si trattò di
               3   Ivi, p. 449.

               Sotto: le aree dominate dai Normanni intorno al 1130.      gruppi d’individui d’ogni età e condizione, che abbandonavano
               Nella pagina a fianco: tracciati delle vie Franchigene in Puglia.  alla spicciolata il loro paese, troppo povero e angusto, e si tra-
                                                                                            sferivano nel nostro, attratti dalla fama
                                                                                            della fortuna che vi avevano trovato
                                                                                            passandovi e stabilendovisi molti loro
                                                                                            conterranei. Vi emergevano i cadetti
                                                                                            di casate feudali, bramosi di posizioni
                                                                                            economico-sociali che in patria non po-
                                                                                            tevano raggiungere. In terzo luogo, la
                                                                                            fecondità, il dolce clima e le altre attrat-
                                                                                            tive delle terre della Campania e della
                                                                                            Puglia e, per di più, le guerre locali che
                                                                                            domandavano di continuo uomini d’ar-
                                                                                            me, bastavano per accendere la fantasia,
                                                                                            l’ambizione e l’avidità di quei discen-
                                                                                            denti dei Vichinghi, che per due secoli
                                                                                            avevano vagato, in cerca di sedi confa-
                                                                                            centi, per i mari e per le terre del nord. 5




                                                                                            4   H. A. L. FISHER, Storia..., cit., vol. I,
                                                                                            p. 236.
                                                                                            5   E. PONTIERI, Tra i normanni nell’Italia
                                                                                            meridionale, ESI, Napoli 1964, p. 71.



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