Page 454 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           bre questi erano lo schieramento e la dotazione dei reparti di impiego bellico:

              -  39° gruppo BT, con la 51ª squadriglia BT a Zara, con 8 BR.20 (8 efficienti), la 69ª
                 squadriglia BT a Scutari (dal 4 giugno), con 6 BR.20 (5 efficienti), la 383ª squadri-
                 glia d’Assalto a Zara con 22 CR.42 (13 efficienti);
              -  5° gruppo OA, con le squadriglie da osservazione aerea 33ª a Mostar e 128ª a Zara,
                 con in tutto 15 Ca.314 (12 efficienti);
              -  63° gruppo OA, con le squadriglie 45ª e 113ª a Lubiana e 119ª ad Altura di Pola,
                 con in tutto 11 BR.20 (8 efficienti) e 12 Ca. 314 (10 efficienti).

              Nell’insieme si trattava di 74 velivoli, con un’ulteriore riduzione rispetto all’inizio
           dell’estate e un’efficienza del 75 per cento, che avrebbe potuto essere ancora più alta se non
           fosse stato per le cattive condizioni dei CR.42. Alla notizia dell’armistizio, il comando della
           2ª Armata ordinò che tutti si radunassero sull’aeroporto di Altura di Pola, cosa che avvenne
           all’alba del 9 settembre segnando la fine dell’aviazione della Slovenia e Dalmazia.



           Conclusioni
              In questo teatro operativo l’impiego dell’arma aerea dovette superare soprattutto dif-
           ficoltà ambientali, per le particolari condizioni climatiche della regione e le possibilità di
           occultamento e mascheramento offerte dalle montagne e dai boschi che la ricoprivano in
           gran parte. L’efficacia delle missioni di ricognizione ne veniva inevitabilmente condiziona-
           ta e così pure il rendimento del bombardamento in quota, il tipo di impiego che era più
           congeniale ai reparti da bombardamento della Regia Aeronautica. Non solo mancavano
           obiettivi consistenti da battere, dal momento che l’avversario si spostava di solito in piccole
           formazioni raggruppandosi solo al momento di entrare in azione, ma spesso i partigiani,
           quando passavano all’attacco, si infiltravano nella periferia dei centri abitati rendendo più
           difficile il compito degli equipaggi, in quanto i bersagli venivano a trovarsi a stretto contat-
           to con le truppe che li presidiavano. Da ciò la necessità di adottare insoliti profili di volo
           a bassa quota, che esponevano macchine e uomini a una reazione contraerea favorita dalla
           configurazione stessa del terreno, che consentiva di sistemare le armi su posizioni domi-
           nanti. Con tutto questo, in uno scenario in cui l’inafferrabilità del nemico rendeva inutili
           i procedimenti tattici convenzionali, e con il grosso delle truppe vincolato a compiti di
           difesa statica, imposti da considerazioni di natura politica che portavano alla loro disper-
           sione in una miriade di presidi, l’intervento del mezzo aereo era spesso il solo modo per
           disorganizzare e mettere in fuga le formazioni partigiane, allentando la morsa sui presidi
           isolati, preparando il terreno per i reparti impegnati in azioni di rastrellamento, colpendo
           le località di radunata e le basi logistiche dei guerriglieri. Inevitabilmente quindi i comandi
           avevano la tendenza a richiederne il concorso ogni qual volta vi fosse la possibilità che que-
           sto potesse ottenere un benché minimo risultato, e questo in un momento in cui le risorse
           della Regia Aeronautica erano assorbite da una molteplicità di teatri operativi. Quello della
           Slovenia-Dalmazia era però l’unico che permetteva di impiegare con buona efficacia e senza


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