Page 472 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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472 L’esercito aLLa macchia. controguerrigLia itaLiana 1860-1943
era la prima volta che affrontava studi sul brigantaggio. Nel 1903, infatti, dopo un lungo
lavoro d’indagine , realizzato attraverso contatti diretti con lo stesso Crocco, detenuto pres-
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so il penitenziario di Santo Stefano e numerosi viaggi dove l’ex capo brigante aveva operato,
aveva dato alle stampe la sua biografia .
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Nell’articolo Massa esordiva ricordando il “largo tributo di sangue” costato all’Esercito
italiano e ai volontari per l’annessione del Mezzogiorno, nel cinquantenario dell’Unificazio-
ne d’Italia. Oltre ai caduti garibaldini e dell’Armata sarda nella campagna del 1860-1861,
era più che mai doveroso commemorare anche i caduti per la repressione del brigantaggio,
“sollevarli dal velo dell’oblio”, perché dovettero condurre una guerra non eroica, come le tre
guerre d’indipendenza nazionale, ma, per una “causa altrettanto nobile”, affrontarono una
guerra “dolorosa e ingrata per chi la compiva, fra lotte sterili e spesso crudelmente feroci,
delle quali appena si ricorda la memoria” .
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Massa riconduce le origini del brigantaggio, fenomeno endemico nei territori dello
Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie, cresciuto in maniera allarmante dopo l’unità,
all’“ignoranza e superstizione delle masse”, alla sfiducia nel nuovo governo, alla “perversa
propaganda di comitati reazionari e di cattivi sacerdoti”. Un’analisi che rispecchiava le
posizioni delle elités liberali ottocentesche artefici del processo unitario, impregnata di una
visione idealistica e per certi versi astratta, distante dalla realtà delle campagne meridionali,
ma, a parte la retorica, considerava, con sincera onesta intellettuale, la guerra al brigantag-
gio una vera e propria guerra civile, “fatta da italiani contro italiani”. Era una guerra che
vedeva contrapporsi due protagonisti: l’Esercito italiano da una parte e i briganti dall’altra,
una guerra condotta in territori montuosi, ricoperti allora da fitte foreste (“sanguinosi con-
flitti nel più fitto di foltissime boscaglie”) con scarse vie di comunicazione, ma soprattutto,
vedeva le nostre truppe operare in un ambiente ostile per quanto riguarda le popolazioni
locali. Insomma il neonato Esercito italiano, “dopo il 1860 e per uno spazio di oltre quattro
anni” dovette fronteggiare una feroce guerriglia.
Il capitano Massa, dopo avere accennato alle cause del brigantaggio, passava a descrivere
i fatti bellici, secondo uno degli orientamenti della storiografia militare d’allora, elaborata
nell’ambito dei servizi storici degli stati maggiori europei, la storia dei corpi, intesa come la
storia ordinativa e operativa dei singoli reggimenti e battaglioni delle varie armi e specialità .
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fortificazione tattica nella guerra balcanica, agli eserciti degli stati d’Europa (eserciti: bulgaro, serbo,
belga, greco) alla battaglia di Fornovo, a Giuseppe Verdi nel risorgimento, alla guerra del 1914 e le
forze belligeranti, cfr. G. FranzoSi, I cento anni della rivista Militare numero unico, Roma, tipografia
Regionale, 1976.
5 e. cinnella, Carmine Crocco Un brigante nella grande storia, op. cit., pp. 12-14.
6 Gli ultimi briganti della Basilicata. Carmine Donatelli Crocco e Giuseppe Caruso, note autobiografiche
ed illustrate dal capitano euGenio MaSSa, tipografia G. Grieco, Melfi 1903. Si veda anche c. croc-
co-BaSilide del zio, Il brigante che si fece generale: auto e contro biografia di Carmine Crocco, a cura
di v. roMano, Lecce, Capone, 2011.
7 Capitano e. MaSSa, Vittime dimenticate: ai gloriosi caduti per la repressione del brigantaggio in Italia,
op. cit., p. 1447.
8 In pratica, dopo una parte iniziale, intitolata retoricamente, le prime vittime del compiuto lavoro, de-