Page 62 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              Riguardo, infine, le perdite complessive dell’esercito nella guerra al brigantaggio, ad
           oggi non esiste un dato certo sul numero dei caduti. Massa parlò di 530 caduti per tutto
           il periodo della campagna ; Cesari fornì i dati solo per il periodo dal maggio 1861 al
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           febbraio 1863, riportando la cifra di 315 caduti, 80 feriti e 24 prigionieri tra sottufficiali
           e truppa ; Molfese, incrociando i dati della commissione d’inchiesta e la relazione del
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           ministro della Guerra, ipotizzava la cifra di 465 caduti, 6 prigionieri, 18 dispersi e 190 fe-
           riti . Questi numeri sembrano esagerati per difetto, mentre la cifra complessiva di alcune
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           migliaia di uomini ipotizzata da Crociani  sembra la più ragionevole.
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              Se l’esperienza del brigantaggio incise negativamente sulla preparazione dell’Esercito, e
           presumibilmente fu uno dei tanti motivi che portarono alla cattiva prova del 1866 , per
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           altri aspetti si dimostrò un insegnamento positivo per i quadri perché dimostrò l’impor-
           tanza dell’autonomia di comando e dell’iniziativa a livello di minore unità. Ciò che invece
           mancò, fu una politica d’intervento sociale a favore delle popolazioni, parallela alla repres-
           sione militare, caratteristica delle moderne dottrine di controguerriglia . Quell’esigenza,
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           sentita da molti ufficiali che parteciparono alla lotta contro il brigantaggio, denunziando
           la durissima condizione dei ceti rurali meridionali anche nei loro scritti, non fu accolta
           dai vertici politico-militari dello Stato unitario che accettarono l’alleanza sociale con i ceti
           agrari del sud, lasciando in sospeso la questione demaniale . Il concetto che per sconfig-
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           150 Capitano E. MaSSa, Vittime dimenticate: ai gloriosi caduti per la repressione del brigantaggio in Italia,
              in “Rivista militare italiana”, Anno LVI, Dispensa VII, 16 luglio 1911, pp. 1447-1467 e Anno LVI,
              Dispensa VIII, 16 luglio 1911, pp. 1.703-1.723.
           151 Cfr. ceSare ceSari, Il Brigantaggio e l’opera dell’Esercito italiano dal 1860-1870, op. cit., p. 141.
           152 Franco MolFeSe, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, op. cit., p. 364.
           153 piero crociani, L’Esercito e il Brigantaggio, op. cit., p. 49. Sul sito neobornico eleaml (www.eleaml.
              org./sud/briganti/la strage) la strage: guerriglia repressione, p. 2 è riportato uno specchio con le “per-
              dite piemontesi”da 1861 al 1872: 21.120 caduti in combattimento, 1.073 morti per malattia e 820
              dispersi e disertori per un totale di 23.013 uomini. L’attendibilità di queste cifre è tutta da verifica-
              re, nel sito è spiegato che quei numeri sono il risultato degli studi di Alessandro Romano senza citare
              nessuna altra fonte.
           154 C. CorSi, La campagna del 1866 in Italia, Roma, Comando Corpo di Stato Maggiore-Sezione storica,
              tomo I, Roma 1875, pp. 8-9: “Fu detto che il brigantaggio nelle province meridionali era una scuola
              di guerra per l’esercito. Avrebbe potuto di fatto essere una buona scuola se il nemico che là ebbero a
              combattere si fosse raccolto in grossi nuclei che avessero dato motivo a combinazioni rassomiglian-
              ti a quelle della vera guerra. Ciò non essendo, quel guerrigliare alla spicciolata, con tanti piccolissimi
              drappelli, dando la caccia per ampio tratto di paese, senza quei vincoli che legano le vere operazioni
              di guerra e ne costituiscono forse la difficoltà maggiore, a pochi uomini che fuggono e si nascondo-
              no, mentre potè giovare a ringagliardire il soldato e sviluppare nei graduati degli ordini inferiori l’at-
              titudine alle fazioni minime della guerra, dovette essere piuttosto dannoso che vantaggioso così per
              l’istruzione tattica come per la disciplina, e singolarmente per coloro che esercitavano comando cui
              non erano stati prima preparati da una sufficiente pratica di buona guerra ordinata”.
           155 I.A.F. W. BecKett, Moder insurgencies and Counterinsurgencies, Psycology Press, 2001; c. Berto,
              Counterinsurgencies, “Rivista Militare” n.1/2007.
           156 cfr. P. Macry, Unità a mezzogiorno: come l’Italia a messo assieme i pezzi, Bologna, Il Mulino, 2012, pp.
              91-106.

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