Page 59 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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GuerriGlia e controGuerriGlia nell’italia meridionale. il Grande briGantaGGio post-unitario (1860-1870) 59
militare dell’Umbria ed alla colonna dell’Ascolano e degli Abruzzi .
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Le colonne mobili, paragonabili agli odierni raggruppamenti tattici, erano formazioni
interarma, costituite da aliquote di fanteria o bersaglieri (dal livello di battaglione a quello
di compagnia) e di cavalleria (dal livello di squadrone a quello di drappello), rinforzate
spesso con elementi della Guardia nazionale e dei carabinieri. Nel corso delle operazio-
ni di controguerriglia si era pensato anche di costituire colonne mobili di bersaglieri a
cavallo, ma, nell’aprile 1863, le osservazioni fatte dal colonnello Gustavo Mazè de la Ro-
chè, relative alla superiorità tattica della formazione interarma che univa la celerità della
cavalleria alla potenza di fuoco della fanteria, furono considerate esaurienti. Sarebbe sta-
to utile, tutto al più, suggeriva il Mazè, mettere le truppe appiedate sui carri locali a tre
collari, capaci di portare 12 soldati per volta e adatti a quei terreni impervi, costituendo
cosi un raggruppamento celere, particolarmente adatto ai terreni ondulati e pianeggianti
delle Puglie . Le colonne mobili agivano normalmente, in soccorso di unità più piccole,
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cadute in un’imboscata; per liberare paesi occupati o per punirli quando la popolazione
aveva fatto causa comune con i briganti, ed effettuare rastrellamenti e perlustrazioni alla
cieca. Ciò che difettava era un efficace servizio informazioni senza il quale era impossibile
agire offensivamente, individuare, attaccare e distruggere le bande, mentre i briganti che
avevano il sostegno del mondo rurale e non solo, conoscevano ogni mossa delle truppe.
La situazione, cambiò verso la fine del 1863, quando il saldo presidio dell’esercito delle
province meridionali allontanava ogni possibilità di restaurazione, influenzando indiretta-
mente anche quei galantuomini di orientamento filo-borbonico che iniziarono a pensare
di ritirare il loro appoggio alle bande . Anche nel mondo contadino, secondo Molfese, si
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manifestarono i primi segni di distacco dalla guerriglia . L’invio di altri rinforzi e la legge
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138 Il 1° giugno 1861, dopo l’annessione delle province pontificie delle Marche e dell’Umbria, fu costi-
tuita, sotto il comando del maggiore generale Brignone, già nominato comandante della costituenda
15ª Divisione attiva, la Colonna militare dell’Umbria. Denominata anche Colonna mobile dell’Um-
bria, era, in pratica, un primo nucleo della 15ª Divisione attiva, in via di costituzione. Formata dal
proprio quartier generale (stato maggiore, commissariato di guerra e sussistenze militari, corpo del
treno), dalla Brigata granatieri di Napoli (5° e 6° Reggimento fanteria), dal XIV e XVI Battaglione
Bersaglieri, dal Reggimento Nizza cavalleria (sostituito dal reggimento cavalleggeri di Montebello,
poi dal reggimento cavalleggeri di Saluzzo, infine da quello di Alessandria) e dalla 7ª batteria dell’8°
Reggimento d’artiglieria, la Colonna fu posta alle dipendenze del 5° Gran Comando di dipartimento
militare e destinata a sorvegliare, in Sabina, il settore della frontiera con lo stato pontificio (valle del
Tevere).
139 Posta alle dipendenze del Quartier generale principale dell’Armata d’occupazione, era inizialmente
costituita dal 40° Reggimento fanteria, da 9° e 20° Battaglione Bersaglieri, dal 3° Squadrone del Reg-
gimento Nizza cavalleria, da 1 batteria da montagna del 3° Reggimento artiglieria, dalla sezione arti-
glieria Stanhops e dal Comando Volontari cacciatori del tevere. Era comandata dal generale Ferdinan-
do Pinelli.
140 Promemoria del colonnello Brigadiere comandante le truppe della Capitanata Gustavo Mazè de la
Rochè, proposte di formazioni di un corpo bersaglieri a cavallo, in data 4 aprile 1863, in auSSMe,
Fondo L-3 Studi particolari, busta 128, fascicolo 3.
141 Salvatore lupo, L’unificazione italiana: mezzogiorno, rivoluzione, guerra civile, op. cit., p. 131-132.
142 Franco MolFeSe, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, op. cit., p. 313.