Page 61 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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GuerriGlia e controGuerriGlia nell’italia meridionale. il Grande briGantaGGio post-unitario (1860-1870) 61
ex militari delle Due Sicilie che occupavano i centri abitati, Pallavicini si trovava invece
davanti ad un’inafferrabile guerriglia. Quest’ultimo agì, in un primo tempo, isolando i
briganti dai propri sostenitori, poi predisponendo nel territorio infestato un sistema di
colonne mobili in continua perlustrazione. Ricordava Pallavicini che “la guerra del bri-
gantaggio non si fa sulle strade postali ma per le creste dei monti, nei dirupi e nei burroni
fra le macchie e le spine dei boschi” e con queste parole voleva significare la necessità
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di adottare un atteggiamento decisamente offensivo: era giunto il momento di uscire dai
centri abitati e riprendere il controllo su tutto il territorio, le bande non dovevano avere
più spazio di manovra, solo così si poteva annientare la guerriglia. Le colonne volanti, unità
speciali, formate dai migliori combattenti di tutte le armi e corpi, in grado di condurre
autonomamente operazioni nel cuore dei territori più impervi controllati dalle bande, rap-
presentavano l’essenza della tattica di controguerriglia che con Pallavicini raggiunse una
vera e propria elaborazione dottrinale.
In questa panoramica non dobbiamo dimenticare il ruolo della Guardia nazionale , la
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milizia borghese per eccellenza, istituzione a metà strada tra polizia civile e corpo militare,
dalle connotazioni fortemente nazionali e patriottiche. La Guardia nazionale, dopo il 1848,
fu ripristinata nelle province meridionali da Francesco II, durante la sua breve stagione
costituzionale, e fu poi inquadrata dal governo dittatoriale. Dopo l’annessione vi furono
vari tentativi di riassettarla secondo il modello sardo con l’ausilio di alcuni ufficiali prove-
nienti dal Nord tra i quali il famigerato Fumel, ma non raggiunse mai un organizzazione
omogenea: spesso, a livello locale, rispecchiava i rapporti di forza nelle singole comunità, ed
era espressione degli atavici contrasti che dividevano il ceto medio delle province meridio-
nali. Dal punto di vista militare, nella lotta al brigantaggio, diede risultati non omogenei:
alcuni reparti combatterono coraggiosamente sostenendo, soprattutto all’inizio del 1861
quando le truppe regolari erano ancora lontane, tutto il peso della lotta, mentre in altri casi
si dimostrò collusa con le forze filoborboniche . Anche i battaglioni volontari di Guardia
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nazionale mobile, voluti da Cialdini nel luglio 1861, dopo un iniziale successo furono de-
finitivamente sciolti nel giugno del 1862 .
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Sia la Guardia nazionale sia le altre formazioni volontarie previste dalla legge Pica,
non riscossero mai completamente la fiducia dei comandi militari, ciò era dovuto alla loro
efficienza non sempre costante e alla naturale diffidenza dei militari verso le formazioni
volontarie. La Guardia nazionale fu spesso impiegata in formazioni miste o in colonne
mobili dell’esercito, sempre al comando di ufficiali, alla fine “fu, di fatto, esautorata dalle
principali attività di tutela dell’ordine pubblico e si limitò al controllo dei centri abitati” .
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145 Circolare del 20 giugno 1869, cit., punto 56, in auSSMe, Fondo G-11 Brigantaggio, busta 129, fasci-
colo 1, cartella 33, pubblicata in luiGi tuccari, Memorie sui principali aspetti tecnico-operativi della
lotta al brigantaggio, op. cit., appendice 4, pp. 253-268.
146 enrico Francia, Le baionette intelligenti: la guardia nazionale nell’Italia liberale 1848-1876, Bologna,
Il Mulino, 1999, in particolare pp. 6-10.
147 Ibidem, pp. 57-95
148 Ibidem, p. 83.
149 Ibidem, p.192.