Page 57 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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GuerriGlia e controGuerriGlia nell’italia meridionale. il Grande briGantaGGio post-unitario (1860-1870) 57
tutti i mali del Sud .
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Era la mentalità classica del liberalismo risorgimentale, propria di molti ufficiali , sicu-
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ramente elitaria ma che, a nostro avviso, svolse una funzione positiva nel processo di costi-
tuzione dello stato unitario, inteso quale stato laico moderno capace di superare i principali
retaggi dell’Ancien Régime. In sostanza le misure eccezionali previste dalla legge Pica “non
furono il risultato di un pregiudizio culturale bensì decisioni politiche e procedure militari
che trasformarono gli insorti civili nel bersaglio di misure particolarmente crudeli” , imi-
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tate da tutti gli eserciti europei e che avevano trovato nella guerra in Vandea nel 1794, nelle
successive campagne napoleoniche in Spagna e nelle vittoriose guerre al brigantaggio nelle
province meridionali condotte, durante il regno di Murat, dal generale francese Manhés,
un modello da imitare. Proprio quest’ultimo modello fu forse il punto di riferimento per
molti generali italiani . La legge Pica inoltre, come ha affermato Lupo in contrasto con le
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correnti storiografiche che considerano quella norma come il “punto di partenza di un
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linea repressiva destinata a caratterizzare lo stato nazionale in età liberale”, nonostante fosse
di “stampo illiberale”, ebbe in realtà il vantaggio di “troncare la pratica delle fucilazioni
sommarie affidate al capriccio dei comandanti sul campo, affermando il diritto anche dei
briganti catturati con le armi in mano a un processo, davanti a una corte legalmente costi-
tuita e, tra l’altro, a una difesa” .
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Riguardo agli aspetti militari della controguerriglia, partendo dall’assunto accettato da
tutti i contemporanei di allora e dagli storici attuali, dell’impreparazione di base dell’e-
129 Salvatore lupo, Il grande brigantaggio. Interpretazione e memoria di una guerra civile, in “Storia d’I-
talia”, annali 18, Guerra e Pace, a cura di W. BerBeriS, Torino, Einaudi, 2002, pp. 462-502, in par-
ticolare pp. 473-480; Salvatore lupo, L’unificazione italiana: mezzogiorno, rivoluzione, guerra civile,
Roma, Donzelli editore, 2011.
130 piero del neGro, La professione militare nel Piemonte costituzionale e nell’Italia liberale, in GiuSeppe
caForio, piero del neGro (a cura di), Ufficiali e società. Interpretazioni e modelli, Milano, Angeli,
1988, pp. 211-230.
131 J. a. daviS, Le guerre del brigantaggio, op. cit., p. 749.
132 F. MonteFredine, Memorie autografe del generale Manhés intorno a’ briganti, Napoli, Fratelli Mo-
rano, 1861. L’introduzione di quest’ultimo contiene un appello ai governanti italiani ad adotta-
re i metodi del generale francese. Il Martucci sostiene che in realtà il governo unitario ripropo-
se i metodi borbonici, a noi quest’ipotesi non convince, ci sembra, da verificare che il metodo
Manhes abbia ispirato tutti e due.
133 Negli ultimi anni se è sviluppato un filone storiografico che ha rivalutato il ruolo della monarchia
borbonica, arrivando a interpretare il processo unitario come una vera e propria occupazione, basata
sulla violenza e lo sfruttamento del territorio (tra i più noti roBerto Martucci, L’invenzione dell’Ita-
lia unita, Sansoni Milano 2007). Su questa corrente storiografica, definita “revisionista”, di cui Carlo
Alianello, (La conquista del Sud. Il Risorgimento nell’Italia meridionale, Milano, Rusconi, 1998) è con-
siderato il precursore, non possiamo non citare le pagine illuminanti di Alessandro Barbero che ha
dimostrato l’inconsistenza scientifica di alcune di quelle interpretazioni (cfr. aleSSandro BarBero, i
prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle, Roma-Bari, Laterza, 2012, pp. 292-
316; si veda anche l’Europeo n. 4, aprile 2012, anno XI, Anche i neoborbonici non scherzano, intervista
di Valeria Palumbo ad Alessandro Barbero, pp. 47-58.
134 Salvatore lupo, L’unificazione italiana: mezzogiorno, rivoluzione, guerra civile, op. cit., p. 132-133.