Page 52 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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52 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
1867, i rapporti italo-francesi peggiorarono ulteriormente con i fatti di Mentana, si profilò,
addirittura, la possibilità di uno scontro militare proprio a causa del fallito tentativo gari-
baldino . Il timore da parte dei vertici militari italiani che la Francia potesse utilizzare la
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difficile situazione delle province meridionali in caso di conflitto con l’Italia, per minarne
l’unità recentemente raggiunta, perdurò anche dopo la caduta di Napoleone III. Nel 1877-
1878, il Comitato di Stato Maggiore , in uno studio generale sull’ipotesi d’invasione della
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penisola italica, prendeva in considerazione la possibilità di uno sbarco nell’Italia meridio-
nale da parte francese con un’azione parallela finalizzata a indurre le popolazioni dell’ex
regno delle due Sicilie, nostalgiche della deposta dinastia borbonica, a rivoltarsi contro lo
Stato unitario .
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Il brigantaggio post-unitario ebbe, però, una sostanziale debolezza di fondo, dal punto
di vista militare, ovvero la mancanza di una direzione unica sia nell’organizzazione delle
rivolte del 1860-1861, benché fossero appoggiate dalla maggioranza della popolazione ru-
rale, sia nella successiva guerriglia. L’unico tentativo fu quello attuato dal generale carlista
Josè Borjes nel settembre 1861, poi fallito per i contrasti con Crocco e miseramente
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finito con la fucilazione del generale spagnolo nel dicembre dello stesso anno a Tagliacoz-
zo . Un minimo di coordinamento delle bande fu realizzato solo in due settori del vasto
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territorio dell’ex regno delle Due Sicilie, alla frontiera pontificia e in Basilicata. Nel primo
settore, la zona di confine tra Lazio e Abruzzo, il coordinamento fu dovuto all’azione diretta
fidenziale del ministro, “pratica 16. Colonnello Musolino, deputato, memoria sulla difesa nazionale”,
1865 maggio 17-22 auSSMe, Fondo G-13, busta 5, fascicolo 179.
106 Mariano GaBriele, La frontiera nord-occidentale dall’unità alla Grande Guerra (1861-1915), Roma,
SME -Ufficio storico, 2005, pp. 21-24.
107 Con legge 30 settembre 1873, n.151, venne istituto il Comitato di stato maggiore generale, organo
consultivo del governo nelle grandi questioni militari, con funzioni di studio e di specifica consulen-
za del ministro della guerra. Presieduto da un ufficiale generale con funzioni di presidente, era forma-
to dagli ufficiali generali di terra e di mare che ricoprivano gli incarichi militari più importanti, quali
membri del comitato, e da un ufficiale superiore con funzioni di segretario. Secondo il R.D. 7 mag-
gio 1874, n.13, il presidente del Comitato di stato maggiore generale doveva attendere agli studi sulla
preparazione della difesa dello stato e, per l’adempimento di quelle funzioni, aveva l’alta direzione del
Corpo di stato maggiore, potendo dare istruzioni al comandante del Corpo stesso in materia di dife-
sa militare del regno. Sotto la presidenza del generale Cialdini, sostenuto dal generale Ricotti, allora
ministro della guerra, il Comitato di stato maggiore generale assunse il carattere di supremo ufficio
competente sulle operazioni di guerra. Cessò di funzionare nel 1882.
108 Comitato di Stato Maggiore Generale “Difensiva sud-memoria M, parte prima”, in particolare si ve-
dano le pp. 3-12, 50-51, in auSSMe, Fondo G-24 Corpo di stato maggiore-corrispondenza, (Comitato
di Stato Maggiore 1872-1881) busta 3, fascicolo 17; il documento è ampiamente commentato da
antonello BattaGlia, I rapporti italo-francesi e le linee d’invasione transalpina, op. cit., pp. 45-80. Si
veda anche Mariano Gabriele, La frontiera nord-occidentale dall’unità alla Grande Guerra, op. cit., pp.
43-50.
109 ettore cinnella, Carmine Crocco Un brigante nella grande storia, Pisa-Cagliari, Della Porta, 2010.
110 JoSè BorJeS, La mia vita tra i briganti, a cura di Tommaso Pedio, Manduria, Lacaita, 1964; A. alBo-
nico, La mobilitazione legittimista contro il Regno d’Italia: la Spagna e il brigantaggio post-unitario, op.
cit., pp. 55-99.
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