Page 47 - L'EROE SENZA NOME - Il Milite Ignoto simbolo del sacrificio
P. 47
Salvatore Orlando Il primo dopoguerra in Italia
Il suo successore, Francesco Saverio Nitti, avrebbe dato
30
presto prova di voler seguire la stessa strada , nel timore
che celebrare il 4 novembre sarebbe equivalso a far scoc-
care la scintilla di gravi disordini, a tal punto da sfociare
in una guerra civile, ponendo una sorta di oblio sulla me-
31
moria di guerra , evitando di promuovere solenni cele-
brazioni in un Paese fortemente diviso da opposti
schieramenti, che andavano verso la pericolosa deriva
della radicalizzazione. Da un lato, i socialisti massimali-
sti che rifiutavano radicalmente la guerra e, dall’altro, i
nazionalisti conservatori che tanto avevano spinto per far
entrare l’Italia nel conflitto e che, ora, reclamavano a tutti
i costi il riconoscimento pubblico dei sacrifici e, soprat-
tutto, dei successi ottenuti dai militari italiani.
In questo contesto emerse l’incapacità o la mancanza di
volontà della classe dirigente di gestire il gravoso fardello
del dopoguerra. Dal 4 novembre 1918, il Governo attuò,
senza alcun tentativo di mascherarla, una chiara rimozione
della memoria di guerra, non solo non riconoscendo la va-
lidità da parte dei militari di acquisire quei vantaggi pro-
messi durante il conflitto, ma evitando anche di celebrare
o ricordare i tanti caduti che la guerra aveva causato.
Giovanni Giolitti Nel 1919, quindi, la ricorrenza trascorse sotto silenzio,
evitando ogni risalto da parte delle principali istitu-
lizzazione di una memoria di guerra di cui il Governo si zioni, contribuendo così a creare un profondo vuoto isti-
doveva rendere responsabile. A date fondamentali quali tuzionale intorno ai reduci, ai caduti e ai luoghi della
il 4 novembre, giorno della Vittoria, o il 24 maggio, giorno memoria di guerra e generando negli ampi strati della
dell’entrata dell’Italia nel conflitto, non venne dato il giu- popolazione civile coinvolti nel conflitto, un sentimento
sto risalto che spettava alla memoria dei caduti; inoltre, crescente di frustrazione, emarginazione e soprattutto
luoghi quali Vittorio Veneto, emblematico simbolo finale di rimozione dalla vita pubblica del Paese. Per i parenti
di quella guerra, nei primi anni post bellici non furono dei caduti e per i militari, fu chiara la sensazione che
sede di alcuna celebrazione. La mancata celebrazione lo Stato avesse voltato loro le spalle, utilizzando le loro
della Vittoria generò un senso di imbarazzo come se lo vite quando vi era la necessità di “carne da cannone” e
Stato liberale, che aveva condotto l’Italia in guerra, ri- lasciandoli cadere nell’oblio a necessità conclusa.
gettasse la responsabilità di questa pesante eredità. Alla smobilitazione dei fronti di guerra non seguì la
32
L’indebolimento della posizione internazionale di Vit- smobilitazione culturale dei professionisti delle armi .
torio Emanuele Orlando si era immediatamente riflesso In particolare, per la comunità dei reduci la delusione
all’interno. Così, a partire dal 1919, il Governo si era provata al ritorno in una Patria che non li riconosceva
mostrato sempre meno capace di rispondere alle aspet- appièno provocò una ferita profonda.
tative che salivano da una platea mobilitata da parole Fu esattamente due anni dopo la fine del conflitto, il 4
d’ordine di grande presa emotiva. Orlando, aveva scelto novembre 1920, sotto la Presidenza del Consiglio di
di evitare ogni iniziativa che potesse suonare come ce- Giovanni Giolitti, che si celebrò per la prima volta la
lebrazione della Nazione in armi, motivando tale deci- Vittoria con parate militari che attraversarono le vie di
sione ora con esigenze di ordine pubblico, ora con Roma approdando al Vittoriano, non ancora sacralizzato
appelli alle necessarie economie di bilancio. al Milite Ignoto.
30
Alessandro Miniero, Da Versailles al Milite Ignoto. Rituali e retoriche della Vittoria in Europa (1919-1921), Istituto per la storia del Risorgimento
italiano – Biblioteca scientifica, serie II: Memorie vol. IV, Gangemi editore, Roma, 2008.
31
Mondini, Schwarz, Dalla guerra alla pace, cit., p. 57.
32
Mondini, Schwarz, Dalla guerra alla pace, cit., p. 26.
43
43