Page 18 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.


            valere questo vantaggio stabilendo le tappe che avrebbero ricondotto la nazione sul
            cammino interrotto nel 1389 sul campo di Kosovo Polje: la costruzione di un im-
            pero fra l’Adriatico, l’Egeo e il Danubio. In questo proponimento, che era assieme
            politico e spirituale, militare e religioso, i serbi ebbero fin dall’inizio di fronte un
            duplice nemico: la residuale presenza turca nel Balcani e l’Impero Asburgico che
            aspirava a sostituirla e che esercitava sulla Serbia una forte influenza, tanto eco-
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            nomica e politica che culturale . Per conseguire l’unificazione di tutti i serbi e poi
            di tutti gli slavi del sud sotto un unico regno era quindi inevitabile lo scontro con
            l’Austria. Ma per poter sfidare Vienna il giovane stato aveva bisogno, come era sta-
            to per il Piemonte sabaudo, tanto di un esercito forte che di un alleato potente alle
            spalle. I tentativi serbi di “fare da sé” condussero a due disastrose sconfitte, contro
            i turchi nel 1877 e contro i bulgari nel 1885, che portarono il paese quasi al livello
            di satellite di Vienna. L’amicizia della Russia e una ritrovata forza militare furono
            quindi le due gambe sulle quali il giovane regno si abituò a camminare quando
            decise di ritentare  una politica indipendente e aggressiva.
               Maturata nella cospirazione anti-ottomana, col perenne sospetto del tradimento
            e della delazione, e sferzata in passato dalle feroci rappresaglie dei governatori
            turchi, fra cui quella sanguinosissima del 1807, la classe dirigente serba era anche
            lacerata al vertice dalla rivalità fra i due “clan” dei Karađorđević e degli Obrenovic.
            Nazionalisti “integrali” i primi, artefici con “Giorgio il Nero” delle prime rivolte
            anti ottomane, tessitori di oscure trame di potere i secondi, che avevano regnato a
            cavallo dei due secoli basculando abilmente fra Costantinopoli, San Pietroburgo e
            Vienna,  essi si contesero il potere per oltre un trentennio, fino a quando, con il col-
            po di stato del 1903, la dinastia Karađorđević riconquistò definitivamente il potere
            imprimendo alla politica serba una svolta in direzione anti-austriaca e filo-russa.
            L’eliminazione del re Aleksandar Obrenović  e di sua moglie Draga, i cui cadaveri
            furono scaraventati nella notte dal balcone del Konak, il palazzo reale di Belgrado,
            fu l’ennesimo, e non ultimo, dei regicidi che costellarono la storia serba.  Il tragico
            fatto, preludio alla ascesa al governo serbo dell’abile Primo Minsitro Nikola Pasic,
            segnò il progressivo ingresso della Serbia nella politica europea, dove trovò un se-
            condo protettore nella Francia della III Repubblica, e l’inizio della sua espansione
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            territoriale destinata a portarla in contrasto con l’Austria-Ungheria .
               Tale contrasto fu acuito dall’annessione austro-ungarica della Bosnia-Erzego-
            vina nel 1908, che portò 1.200.000 slavi a divenire sudditi dell’imperatore . Fra
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            questi vi erano circa mezzo milione di serbi fra i quali il nazionalismo serbo reclu-
            tava già da anni la manovalanza della più estremista e determinata delle società



            14  EGIDIO IVETIC, Le guerre balcaniche, cit., pp. 16-17.
            15  EGIDIO IVETIC, Le guerre balcaniche, cit., pp. 153-155.
            16  JOHN MASON, Il tramonto dell’impero asburgico, cit., pp. 122-123.

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