Page 24 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.
Il confine stabilito sacrifica circa quattrocentomila sloveni e centomila croati in
territorio italiano: l’avvento del fascismo, con le minoranze slave oggetto di azioni
provocatorie e di una violenta politica di snazionalizzazione, avrebbe sottoposto
il movimento nazionale sloveno e croato in Italia a una sistematica opera di de-
molizione, condotta di pari passo con la repressione di socialisti e sindacalisti in
nome di un’unica lotta contro “la barbarie slavo-comunista”. La questione adriatica
diverrà così uno degli obiettivi principali della politica di potenza fascista e rimarrà
viva fino alla caduta del regime.
Le ambizioni del fascismo, in tal senso, sembrano realizzare i peggiori timo-
ri di croati e sloveni, che compromessi dall’aver combattuto fino all’ultimo nelle
fila dell’esercito austro-ungarico, nel 1918 hanno accettato le condizioni serbe per
l’unificazione jugoslava anche al fine di assicurarsi la tutela internazionale di Bel-
grado nell’ottica di contrastare le aspirazioni italiane di completamento nazionale
e di sicurezza strategico-marittima nell’Adriatico. Caratterizzato fin da subito da
una forte conflittualità intestina, il Regno SHS vedrà la tensione tra nazionalità
jugoslave raggiungere l’apice il 20 giugno 1928, quando un deputato montenegrino
appartenente alla maggioranza radicale in parlamento ferisce mortalmente il lea-
der del Partito contadino croato (Hrvatska Pučka Seljačka Stranka, HPSS) Stjepan
Radić e altri due suoi membri. Alla guida del partito, principale forza d’opposizione
al potere di Belgrado, subentrerà Vladko Maček.
Il Regno SHS di lì a qualche mese avrebbe assunto il nome Jugoslavia nel tentati-
vo di creare un comune sentimento di unità nazionale. Re Aleksandar Karađorđević
sceglie la svolta dittatoriale (6 gennaio 1929), che accompagnata a un patriottismo
jugoslavo tutto nuovo, avrebbe dovuto creare l’unità nazionale che gli jugoslavi
fino a quel momento non avevano dimostrato di avere. Con la proclamazione del-
la dittatura un’ondata di arresti, perquisizioni e processi colpisce i più importan-
ti esponenti politici croati. Tra questi l’avvocato Ante Pavelić, rappresentante del
Partito del diritto croato (Hrvatska Stranka Prava, HSP), incline a sostenere la
secessione croata dal regno jugoslavo. In esilio Pavelić fonda l’Organizzazione
Rivoluzionaria Croata Ribelle (Ustaša Hrvatska Revolucionarna Organizacija,
UHRO), più semplicemente nota come movimento ustaša (“ribelle”, “insorto”),
che si proponeva come fini, da perseguire con la lotta armata, l’insurrezione della
Croazia e la sua erezione a Stato indipendente. Il movimento avrebbe fatto appel-
lo alla solidarietà dei croati emigrati all’estero e degli Stati solidali con la causa
croata; con una rigida struttura verticale avrebbe seguito quello che nei movimenti
nazi-fascisti esistenti era il principio del capo, cui rispondeva la figura di Pavelić
come Poglavnik. A Vienna Pavelić può contare sul sostegno degli ex ufficiali croati
dell’esercito austro-ungarico rimasti nella capitale austriaca.
agosto 1924, pp. 162-284 e 285-307; id., Accordi di Nettuno, 20 luglio 1925, pp. 308-456. Si
veda inoltre M. Dassovich, op. cit., pp. 212-230.
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