Page 25 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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I rapporti italo-jugoslavi tra le due guerre
L’Italia fascista non perde l’occasione di sostenere i separatisti croati. Le rela-
zioni con la Jugoslavia sono infatti avvelenate da una serie di questioni irrisolte:
il trattamento riservato alla minoranza slava in Venezia Giulia, la rivalità per l’in-
fluenza sull’Albania, la questione dalmata tenuta in vita dalla propaganda fascista,
il ruolo della Jugoslavia nel sistema di equilibrio dell’Europa sud-orientale. Gli
incontri degli incaricati del Ministero degli Affari Esteri italiano con i fuoriusciti
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croati andranno quindi intensificandosi nel corso del 1929. L’Italia va concretiz-
zando la propria ambiguità politica nei confronti della Jugoslavia, altalenante tra i
tentativi di istaurare salde relazioni diplomatiche con Belgrado, attraverso accordi
di amicizia e collaborazione, ed il sostenere il separatismo croato e macedone al
fine di disgregare lo Stato jugoslavo dall’interno ed estendere la propria supremazia
oltre Adriatico sfruttando la conflittualità tra le diverse nazionalità jugoslave. 5
Roma stringe il sodalizio con il movimento separatista croato in primo luogo per
la maggiore disponibilità di Pavelić a soddisfare le aspirazioni italiane in Dalmazia,
dinanzi ad un Partito contadino croato che in tal senso si era rivelato invece più
cauto e diffidente. Si tratta fondamentalmente di un incontro casuale in un periodo
in cui Pavelić gira l’Europa in cerca di un alleato: il regime fascista da parte sua
intravede nell’alleanza la possibilità di ottenere i propri interessi, nonostante slavo-
fobia e avversione per i croati – soprattutto in Istria, a Fiume e a Zara – rappresenti-
no elementi essenziali del nazionalismo italiano e della stessa propaganda fascista.
Agli ustaša viene fornito supporto politico ed economico, armi e la possibilità
di addestrare uomini. Dal 1933 l’ispettore generale di Pubblica Sicurezza Ercole
Conti ne è il responsabile logistico-organizzativo, fino al 1941, anno in cui avvia
Pavelić alla presa del potere a Zagabria. Campi di addestramento sono organizzati
fino al 1934 a Bovegno (Brescia), Borgotaro e Vischetto (Parma), Oliveto (Arezzo)
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e San Demetrio (L’Aquila). La propaganda ustaša si diffonde soprattutto negli am-
bienti croati dell’emigrazione europea e americana, ma in Croazia la popolazione
rimane generalmente fedele al partito di Maček. In patria gli agenti ustaša sono re-
sponsabili di una serie di attentati dinamitardi a Zagabria e Belgrado e nell’autunno
del 1932 un piccolo commando organizzato da Andrija Artuković (futuro ministro
degli Interni dello Stato Indipendente Croato) penetra nella Lika da Zara con l’in-
4 Documenti Diplomatici Italiani (DDI), Settima serie, 1922-1935, vol. VII, docc. 46, 249,
458.
5 Cfr. M. Bucarelli, Mussolini e la Jugoslavia (1922-1939), Bari, B.A. Graphis, 2006, pp. 144-
145.
6 Relazione sul movimento separatista croato in Italia, Conti a Filippo Anfuso, 18 aprile 1941,
in DDI, Nona serie, 1939-1943, vol. VI, doc. 936. Originale in Archivio Storico Diplomati-
co del Ministero degli Affari Esteri (ASDMAE), Gabinetto del Ministro e Segreteria Gene-
rale 1923-1943, b. 1166 (UC 50), Corrispondenza relativa alla questione croata 1938-1941;
ibidem, b. 1167 (UC 51), Documentazione preparatoria per l’incontro di Monfalcone del 7
maggio 1941, fasc. 2.
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