Page 51 - Le bande musicali - dall'Unità d'Italia ai primi del Novecento
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Progetti e riforme delle bande militari 51
A tal fine egli promuove uno studio propedeutico di esercizi sulla partitura; esercizi
di trascrizioni e riduzioni (come vedremo fra poco, propone il metodo usato negli
orfanotrofi del Regno delle due Sicilie) su pezzi di opere e da valzer di Richard
Strauss. Auspica che l’allievo musicante si dedichi solo alla musica ed abbia una
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ferma di più lunga durata rispetto agli altri soldati. A questo punto vorrei rivolgere
l’attenzione del lettore su alcune considerazioni. Riprendiamo le scuole di musica
dell’Orfanotrofio di S. Lorenzo. La maggior parte dei fanciulli studiava la musica
militare, attraverso le nozioni elementari di teoria e solfeggio e, avanzando negli
studi, la strumentazione per banda. Il canto era funzionale all’apprendimento della
teoria e del saper suonare; era un supporto ed un completamento dello studio della
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musica strumentale e del contrappunto. Anche la Messa aveva una funzione
didattica importante. Negli anni Settanta - Ottanta, nel Collegio di S. Pietro a
Maiella era stabilito che gli allievi componessero una grande Messa, utile sia per
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l’esercitazione sia per futuri concerti pubblici. Tommaso Consalvo trascrisse
una Messa di Palestrina. Anche le composizioni o i pezzi tratti da opere di altri
autori acquistate dall’Istituto di S. Lorenzo miravano a scopi didattici: ad esempio,
fra i brani acquistati nel 1840 c’è una sinfonia di elena di Feltro di Saverio
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Mercadante. I brani che i docenti proponevano di volta in volta costituivano la
base per uno studio sistematico di analisi, trascrizioni e riduzioni, di confronto fra
generi diversi, di esecuzioni all’impronta. Da essi gli studenti traevano spunto anche
per composizioni originali. Inoltre, le norme stabilivano che i ragazzi dedicassero
diverse ore quotidiane alle lezioni (i docenti locali erano impegnati ogni giorno,
tranne i giorni festivi) e allo studio per le esercitazioni. Dunque c’è una continuità
di metodo di studio che da Consalvo (e da Antonio Sancio) va a Krakamp, a
Carini e a Cortesi e vede impegnati soprattutto gli studiosi e gli intellettuali che
vogliono liberare la musica dal mero artigianato per elevarla a professionalità ed
arte autentica.
Infine, anche per Cortesi è grave l’assenza di un diapason unico a cui fare riferi-
85 Ugo d’ovidio, la Banda attraverso i secoli, cit., p. 68.
86 Nel 1812 Carlo Gervasoni scrisse che la tradizione degli italiani al canto costituiva un van-
taggio per gli strumentisti perché “essendo la musica strumentale una derivazione della vo-
cale, coloro che hanno un migliore e più piacevole gusto di esecuzione debbono parimenti
averlo nell’altro ancora” cito direttamente da carlo gervaSoni, Nuova teoria di musica,
Parma, Stamperia Blanchon, 1812, p. 364 in lUca averSano, La musica strumentale in
italia tra Sette e ottocento declino o viva tradizione?, «Rivista Italiana di musicologia»,
vol. XL, nn. 1-2, 2005, pp. 353-354.
87 Michele rUta, Real Collegio di Musica di S. Pietro a Maiella Relazione dell’Anno Scola-
stico 1879-80, Napoli, comm. G. De Angelis e figlio tipografi di Sua Maestà, 1880, p. 7.
88 enrica doniSi, Le Scuole Musicali, cit., p. 93.